1751-1756 (Sec. XVIII)
mm 52 x 493, spess. 1,8-2,1
Osservazioni:
Osservazioni: Vedi matrice
M-1400_89a.
Piranesi illustra in tre tavole (catt. 119-121) un sepolcro con colombari sulle pareti rinvenuto sull'antica via Appia, fuori porta San Sebastiano (Spera 1999, p. 168), le cui rovine si possono ancora osservare sulla sinistra dopo il bivio della via Ardeatina (Cressedi 1975, p. 279).
Sulla base dell'osservazione diretta dei dettagli del fabbricato l'autore ritiene si possa trattare di una sepoltura dei tempi di Augusto, non discostandosi dall'ipotesi che aveva avanzato Fabretti (1680, che per primo indagò la sepoltura, cui fece eco anche Ficoroni 1732, p. 64), secondo il quale il complesso doveva essere appartenuto alla famiglia stessa dell'imperatore.
L'autore affronta in questa prima matrice, incisa a acquaforte con qualche intervento a tecnica diretta, la pianta e l'alzato in sezione del monumento. Distribuisce sulla superficie della lastra, attorno al nucleo esplicativo principale, le raffigurazioni di alcuni dettagli che supportano la valenza pittorica e decorativa della composizione, in aggiunta a quella propriamente archeologica.
Nello spaccato in alto si notano pochi ritocchi a bulino sul terreno di appoggio della costruzione, ad esempio alla base del muro sull'estrema destra; modeste porzioni della figurazione, corrispondenti a punti di luce, sono state preservate dalla corrosione più profonda dell'acido attraverso la vernice di riserva.
Nella pianta sono ricostruite le diverse componenti della muratura, riservando dal prolungamento di morsura quelle parti della struttura perimetrale che erano in rovina, e che pertanto dovevano risultare in stampa più leggere. Nell'angolo in basso a destra della matrice è inciso l'ingrandimento di un tratto di muro per dimostrarne materiali e tecnica costruttiva (per il vocabolario tecnico e le convenzioni grafiche adottate nelle matrici con piante e sezioni di edifici cfr. catt. 85, 105, 106).
Nel registro in basso, invece, il linguaggio incisorio viene adattato a brani figurativi inerenti il soggetto della tavola e idealmente raccordati tra loro, a carattere più propriamente pittorico (il muro, il sarcofago, il colombario): i ritocchi a bulino si fanno più marcati e la vernice di riserva viene distribuita con frequenti pennellate per un effetto finale maggiore vibrazione chiaroscurale, cui si aggiunge l'espediente illusionistico di un frammento frontale di un sarcofago strigilato che sfonda la cornice sovrapponendosi al titolo della tavola (si noti la linea di costruzione della cornice, incisa a secco sulla lastra prima di stendere la vernice di preparazione per l'acquaforte, che attraversa il frammento).
Si possono osservare due abrasioni sulla matrice: la prima nella parte alta della pianta, sopra le lettere A della legenda, con ribattitura del rame sul verso, e la seconda nella fascia bassa sotto l'iscrizione
DI PALMI, sempre con ribattitura sul verso, entrambe probabilmente eseguite per eliminare danni accidentali sull'elaborato.
Da segnalare anche la presenza di una brunitura per cancellare un graffio importante, della lunghezza di circa dieci centimetri - dall'interno della pianta della sala a sinistra (matrice) fino al fondo tracciato col tiralinee a sinistra –, che avrebbe deturpato il risultato a stampa. I segni schiacciati dal brunitoio furono poi ripristinati col bulino. L'intervento di ripristino delle piccole semicirconferenze, corrispondenti alle nicchie nello spessore di muro, risulta evidente per la prima volta nell'edizione Firmin Didot. Poiché il graffio non è presente in alcun altro esemplare a stampa consultato (assente ancora nella seconda edizione delle
Antichità del 1784, ASL 14-D/2), possiamo ipotizzare che il danno meccanico sia occorso alla matrice durante gli spostamenti subiti dal fondo di matrici in conseguenza della fuga di Francesco Piranesi da Roma (1799), e che il ripristino del disegno sia stato effettuato in Francia, forse presso l'editore Firmin Didot.