Piranesi Giovanni Battista
Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778
[Camino egizio con tre figure sedute alla base di ogni montante]
Inventario
Numero inventario: M-1400_902a
Inventario storico di categoria: 1400/902a
Nuovo inventario di categoria: 11579
Stampa corrispondente: S-CL2418_19621IVS2: CL54750_14474
Collocazione: Calcoteca
Autori
Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Soggetto
Titolo proprio: [Camino egizio con tre figure sedute alla base di ogni montante]
Serie: Diverse maniere d'adornare i cammini...Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)Oggetto
Definizione: matrice incisa
Cronologia
Datazione: 1769 (Sec. XVIII)
Dati tecnici
Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 251 x 390; spess. 1,5-1,6
Iscrizioni
Iscrizioni: Sul camino a sinistra:
902.a.
In basso a destra:
Cavalier Piranesi inv. ed inc. In basso a sinistra: 50; a seguire, inciso leggero a puntasecca:
XXV
Sul verso della matrice: prove di tiralinee
Osservazioni:
Osservazioni: La tavola in esame, ultima in ordine di apparizione sul volume tra quelle in stile egizio, rappresenta una delle composizioni più complesse dal punto di vista figurativo, sia per l'impaginazione architettonica della parete sia per la combinazione dei numerosi elementi decorativi. Tale profusione di ornamenti si giustifica con la volontà di restituire graficamente il carattere dell'architettura egiziana che, in aperto contrasto con l'idea corrente di maestosa semplicità, secondo Piranesi doveva essere carica di decorazioni prima delle distruzioni operate dai re persiani Cambise II e Artaserse III. Nel Ragionamento Apologetico, infatti, riferendosi ai tanti manufatti trasferiti a Roma dall'Egitto (mete, sfingi, basi, ecc.), l'autore afferma sarcasticamente: “Le tante figure sì umane, sì animalesche, sì mostruose, che noi veggiamo in atto di reggere or colle mani, ed or col capo questa e quella cosa; … erano elleno cose fatte per istar distaccate dall'enorme e gigantesco dell'architettura Egiziana, o per arricchir quelle pareti dei palazzi, dè Tempj, che i viaggiatori ci dicono trovarsi ora senza ornamenti?” (Ragionamento, p. 2).
L'audace soluzione compositiva qui proposta mostra il camino concepito come un tutt'uno con la parete circostante, strutturata su molteplici piani aggettanti messi in risalto dal magistrale gioco chiaroscurale delle ombreggiature. Ogni ripiano funge poi da supporto per gli elementi ornamentali, la cui disposizione su superfici sovrapposte ricorda vagamente la modalità di presentazione adottata nelle Antichità Romane (1756) per i reperti provenienti dalle camere sepolcrali (a esempio cfr. Mariani 2014, catt. 93, 169, 171).
Il ricco apparato ornamentale della tavola offre una significativa chiave di lettura per la comprensione della genesi del linguaggio decorativo piranesiano, frutto della commistione di motivi iconografici derivati perlopiù da oggetti d'arte minore (stoffe, gemme, ecc.) che vengono liberamente assemblati e trasformati in parti integranti della struttura architettonica. Si veda a esempio la stele al centro della lastra, raffigurante il giovane dio Horus sovrastato dalla maschera del dio Bes, la cui immagine è una copia fedele di un bassorilievo ligneo pubblicato dal Conte di Caylus nel Recueil d'antiquités (1761, IV, tav. XV, n. I); oppure il motivo che appare nelle due targhe rettangolari poste sopra i montanti del camino, sormontate da sfingi affrontate. Le due figure con ali di sparviero sono tratte dal dipinto di una tela destinata a coprire una mummia (Recueil 1762, V, tav. VIII, part.), a cui l'autore aggiunge al centro il simulacro di Khnum (Recueil 1762, V, tav. VI, n. V) e il basamento aggettante funzionale a raccordare l'immagine col resto della composizione (cfr. Battaglia 1994, p. 212).
Altro elemento di particolare interesse sono le due targhe oblunghe che fiancheggiano gli stipiti del camino ai lati della lastra, e di cui lo stesso autore fornisce nel saggio introduttivo una descrizione dettagliata affermando di averle viste su di una meta egizia (Ragionamento, p. 2). Tuttavia, come osservato da Battaglia (1994, pp. 210-212), è probabile che questo soggetto sia ispirato all'immagine presente su una gemma magica illustrata sempre da Caylus (1764, VI, tav. I, n. IV), qui modificata in un rilievo architettonico dove vengono inseriti ex novo la forma del Tau nella parte inferiore e la maschera leonina della dea Sekhmet in quella superiore.
Assai fantasiosa anche la struttura degli stipiti del camino, costituiti da una stele culminante con erme bifronti e circondata alla base da tre figure sedute, mentre ulteriori elementi ornamentali e il consueto cielo stellato di fondo completano la decorazione della parete.
Queste invenzioni egittizzanti esercitarono una forte influenza sugli architetti dell'epoca, e in particolare su Robert Adam che collaborò a lungo con Piranesi. L'architetto scozzese, infatti, ripropose quasi fedelmente la soluzione impiegata per la parte superiore degli stipiti del camino in uno dei suoi disegni relativi a monumenti e decorazioni funerarie in stile egizio (vedi il foglio conservato nelle collezioni di disegni del Soane's Museum, vol. XXI, n. 184). Si tratta di uno schizzo ideato secondo Battaglia (1994, 232 e p. 243, fig. 88) come cornice di un'epitaffio sepolcrale, i cui sostegni verticali richiamano appunto la composizione figurativa succitata e dove compare anche il motivo a forma di mandorla desunto dalla tavola 10 (per una descrizione più dettagliata del disegno, cfr. cat. 93).
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico-stilistico di questa matrice, non si rilevano particolarità significative. L'incisore sfrutta le diverse morsure in acquaforte per dare evidenza plastica alle superfici e alle figurazioni, rientrando talvolta nei segni col bulino per accentuare i toni scuri della parti più in ombra (si osservi a esempio il mantello squamato delle figure animalesche sulla parte superiore della tavola o la zona sottostante alla mensola del camino).
Sul margine inferiore sinistro della lastra, vicino al numero di tavola, si segnala il numero XXV inciso a puntasecca.
Infine si registra sul verso della matrice la presenza di alcuni tracciati lineari, da interpretarsi come prove di strumenti meccanici da incisione.
Nelle prime edizioni consultate (BAV, R.G. Arte Archeologia; GNAM) la tavola non risulta ancora numerata.Bibliografia
- Petrucci, 1953, p. 291, n. 902a, tav. 50
- Focillon, 1967, p. 355, n. 869
- Wilton-Ely, 1994, p. 938, n. 865
- Ficacci, 2000, 541, n. 677.
- MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.
Condizione giuridica
Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto
Compilazione
Compilatore: Ciro Salinitro