1769 (Sec. XVIII)
mm 253 x 392; spess. 1,8-2,0
Osservazioni:
Osservazioni: L'ampio fregio del camino è caratterizzato al centro da una figura di guerriero romano, cui fanno da contraltare due figure della Dea Roma seduta su un clipeo alle estremità dell'architrave. Si tratta di una citazione della scultura che decora la chiave di volta dell'Arco di Giano al Velabro, sul fronte est, riprodotta anche in un dettagliato disegno a grafite conservato nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe (vol. 1, f. 1; su indicazione di Stefan Morét durante il seminario di ricerca tenuto presso la Biblioteca Hertziana il 6 novembre 2018. Si veda più in generale il lavoro in corso di pubblicazione del gruppo di studiosi presso la Kunsthalle di Karslruhe), che ritrae la statua della dea guerriera anche frontalmente. Ma il progetto grafico di questa tavola è dominato dalla citazione di un bassorilievo antico con busti di amorini su girali di acanto (geni fogliati) che versano vino dal
kantharos alla patera per le libagioni. Il rilievo studiato da Piranesi, che lo inserisce anche nella raccolta dei
Vasi, Candelabri, Cippi, del 1778 (Tomo I, tav. 6,
M-1400_511), “era anticamente in una Fabbrica del Foro di Trajano” insieme ad un altro frammento di fregio simile (
Vasi, Candelabri, Cippi, II, tav. 61,
M-1400_567), e “si vede nel giardino Aldobrandini vicino a S.S. Domenico e Sisto a Monte Magna Napoli”, così specificava Piranesi. I frammenti di fregio sono attualmente conservati in Vaticano, Museo Profano Lateranense (cfr. Battaglia 1994, 225 con note, e fig. 75 a p. 235; Panza 2017, pp. 168-169).
Il rilievo antico con i geni fogliati nell'atto della libagione è proposto di nuovo da Piranesi anche nella tav. 63 della raccolta, dove sono illustrati alcuni degli ornamenti che arredavano l'appartamento di Monsignor Giambattista Rezzonico, posizionato sopra il grande orologio centrale (cat. 147). Come di consueto, gli elementi decorativi tratti dall'antico e dalle fonti letterarie (è il caso anche degli elementi egizi dal
Recueil d'antiquités di Caylus) sono combinati dall'artista con grande fantasia creativa, spesso decontestualizzati e reinseriti in posizioni molto distanti dalla loro origine e funzione. Sui montanti il disegno si alleggerisce con tralci vegetali su un fondo chiaro, poco inciso.
L'indagine tecnica della matrice registra diffusi ritocchi puntuali e profondi a bulino proprio sui girali dei montanti, che aumentano le vibrazioni luministiche nel rispetto della classica semplicità d'insieme del camino. Le zone in ombra dell'architettura sulla destra della matrice (a sinistra della stampa) sono delimitate a puntasecca, e i segni ad acquaforte in quelle aree sono approfonditi dal rientro del bulino (cfr. cat. 89). Il fondo nero all'interno della camera da fuoco, conseguito con una fitta trama di segni corrosi dall'acido, è ridefinito a bulino nelle zone in cui in fase di morsura era stata compromessa la nitidezza delle linee (cfr. cat. 87).
Il numero 30 relativo all'ordine della tavola è inciso su abrasione: infatti nelle prime edizioni BAV, R.G. Arte Archeologia e GNAM la stampa era numerata
26. Nell'edizione settecentesca BiASA il
2 del numero
26 viene aggiustato a penna a formare il 3 di 30, il 6 abraso; in ASL è 30 definitivamente a stampa.
Da notare infine il numero romano
XXVI graffito a puntasecca in basso a destra, che non esiste nelle edizioni settecentesche consultate e si evidenzia invece nell'edizione Firmin Didot (1836; per una possibile interpretazione di questo riferimento inciso).