Piranesi Giovanni Battista
Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778
Dimostrazioni dell'Emissario del Lago Albano
Inventario
Numero inventario: M-1400_487
Inventario storico di categoria: 1400/487
Nuovo inventario di categoria: 11109
Stampa corrispondente: S-CL2409_19169IVS2: CL54492_14216
Collocazione: Calcoteca
Autori
Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Soggetto
Titolo proprio: Dimostrazioni dell'Emissario del Lago Albano
Serie: Descrizione e disegno dell'emissario del Lago AlbanoDenominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)Oggetto
Definizione: matrice incisa
Cronologia
Datazione: 1762 (Sec. XVIII)
Dati tecnici
Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 416 x 621; spess. 1,9-2,2
Iscrizioni
Iscrizioni: In alto a destra:
Tav. I.
In alto a sinistra:
Dimostrazioni / dell'Emissario / del Lago Albano;
487
In basso a destra:
Piranesi F. Osservazioni:
Osservazioni: Come per Le Rovine del Castello dell'Acqua Giulia, anche per questo volume dedicato a un'opera di ingegneria idraulica furono realizzate numerose tavole con planimetrie, prospetti, sezioni e dettagli costruttivi allo scopo di illustrare, mediante i disegni incisi, l'impianto e il suo funzionamento che l'autore aveva studiato in loco, partendo dalle conoscenze acquisite dal gesuita Athanasius Kircher rese note nel suo volume Latium del 1671 (Kircher 1671). Quel che Piranesi riteneva fossero da apprezzare di più in quest'opera, come egli sottolinea nel testo che precede le tavole, sono soprattutto: “la difficoltà d'impresa, la sollecitudine con cui fu terminata, e la durata” (Par. V).
Il condotto artificiale sotterraneo fu costruito per regolare il livello dell'acqua del lago e venne eseguito dai romani in tempi sorprendentemente brevi, anche se non è da escludere che sia stato ampliato e migliorato un canale preesistente realizzato nel VI secolo a. C. dal popolo etrusco. Esso ha un percorso rettilineo in leggera pendenza verso la foce, scavato nella roccia tufacea con una lunghezza di oltre 1350 metri; ha inizio sulla riva occidentale del lago Albano, proprio in corrispondenza del centro abitato di Castel Gandolfo, e termina in località le Mole. Qui l'acqua si diffonde nella campagna circostante e quella in eccesso viene incanalata nel cosiddetto Fosso dell'Acqua Acetosa che, completando il suo iter, raggiunge il fiume Tevere. Il sistema idrico ha subìto danni dovuti a eventi naturali come smottamenti e crolli ma anche a causa dell'incuria e di interventi illeciti da parte dell'uomo. Ciò nonostante ancor oggi funziona, seppur con minore efficacia, e l'acqua proveniente dal lago è prevalentemente impiegata nel campo dell'agricoltura.
La ricognizione dei siti non fu facile e Piranesi nel compiere tale lavoro si avvalse della collaborazione e consulenza di un anziano abitante di Albano, l'ottuagenario Giovanni Stacciuoli, che fu in grado di renderlo edotto su alcune modifiche effettuate nel tempo che avevano poi reso irriconoscibili alcuni dettagli tecnici (Parr. VII e X); per l'esplorazione del condotto l'autore utilizzò invece un pescatore che riuscì ad inoltrarvisi per un lungo tratto raggiungendo anche un pozzo (Par. XI). Dalle informazioni raccolte Piranesi arrivò a dedurre che la escavazione fu eseguita operando in più punti contemporaneamente, utilizzando alcuni cunicoli obliqui attraverso i quali i lavoratori raggiungevano lo scavo, mentre i pozzi verticali servivano per l'aerazione e per lo smaltimento dei materiali asportati.
L'autore nel suo trattato parla, correttamente, della presenza di pochi pozzi mentre ad Antonio Nibby si deve la notizia errata, ma molto diffusa, che ve ne fossero ben 62, a distanza di 20 metri uno dall'altro. L'esattezza della ricostruzione piranesiana risulta confermata dalla ricognizione effettuata di recente dal geologo Lamberto Ferri Ricchi (Ferri Ricchi 2001).
Ciò che risulta più imprecisa è la datazione che l'architetto veneto attribuì al monumento da lui esaminato: egli infatti pensava che l'intero complesso fosse stato eseguito all'epoca della guerra tra Roma e Veio, mentre è più probabile che a tale periodo risalga solo la perforazione del condotto. La costruzione della sala di manovra, invece, nonostante il carattere arcaico delle strutture, è quasi sicuramente dell'età claudia con l'aggiunta in età adrianea delle parti in laterizio (cfr. Speciale 1979, p. 18 e Spadea in idem, p. 22).
Con la prima tavola l'autore presenta l'insieme del complesso monumentale oggetto di studio del volume. Facendo ricorso al consueto espediente del trompe l'oeil, con cui viene simulata l'applicazione di fogli incisi sovrapposti ad altre figurazioni, Piranesi delinea nella Fig. I la planimetria del lago Albano, un lago vulcanico situato sui colli Albani lungo la via Appia, su cui si affacciano Albano e Castel Gandolfo. Nella pianta sono indicati gli elementi più significativi dell'opera idraulica: il condotto scavato per consentire l'abbassamento del livello dell'acqua, il luogo in cui si conservavano i resti di un'antica imbarcazione, quello in cui era presente un sentiero lastricato che, partendo da Castel Gandolfo, scendeva fino alla riva del lago, i punti dove si trovano due spelonche, di notevole interesse, alle quali è dedicata l'appendice del volume con numerose tavole (cfr. catt. 12-25).
La parte inferiore della matrice mostra, nella Fig. II, la sezione del lago e quella del monte Albano che lo sovrasta, dal cui nome deriva la denominazione del lago stesso. Il rilievo di origine vulcanica, tra i più alti della zona, è oggi chiamato Monte Cavo. Nell'immagine incisa è indicato il condotto artificiale con i pozzi e i cunicoli individuati da Piranesi o, in alcuni casi, soltanto ipotizzati. Nel punto in cui l'acqua esce dal lago per immettersi nel canale sotterraneo fu costruito un edificio al cui interno è posizionata una paratia che regola il deflusso delle acque. Si tratta della cosiddetta camera di manovra che nell'incisione è riprodotta secondo i diversi punti di vista, così come si presentava all'autore quando la vide durante il suo soggiorno a Castel Gandolfo: nella Fig. III è visibile il suo aspetto esterno insieme al suo inserimento nell'ambiente circostante, nella Fig. IV quello interno (cfr. anche cat. 6) e in alto, nella Fig. V, la planimetria.
Quest'ultima immagine mostra con chiarezza la pianta dell'opera idraulica e da questa si può dedurre anche il suo funzionamento. Esaminando la matrice si vede, partendo da destra, la fortificazione della riva del lago costruita nel punto in cui l'acqua confluisce verso l'impianto, attraversa un'ampia vasca definita da Piranesi “piscina” (lettera H) e si incanala quindi verso la camera di manovra (lettera I) in cui si trova la saracinesca (lettera M) che regola il deflusso dell'acqua; poco oltre tale paratia, si apre un locale più stretto coperto da volta a botte dove erano state scavate delle guide, che Piranesi chiama “canalini” (N), entro le quali venivano inseriti trasversalmente i telai con le reti da pesca che in tal modo trattenevano il pesce finito casualmente nell'impianto insieme all'acqua.
Il rigore scientifico delle figurazioni di questa prima tavola rivela l'attenzione con cui Piranesi condusse lo studio dell'antico monumento, che non era facile da esaminare per il suo carattere prevalentemente ipogeo. Le maggiori difficoltà l'autore le incontrò nell'individuare i pozzi e i cunicoli, nonostante si fosse avvalso dell'aiuto di un profondo conoscitore locale.
Dalle verifiche compiute dall'archeologo Roberto Spadea, in occasione della mostra Piranesi nei luoghi di Piranesi del 1979 a cura di Onofrio Speciale, è emerso che la posizione dei diversi elementi indicata nell'incisione è abbastanza corretta come risulta precisa la planimetria, una delle poche esistenti dell'emissario, che corrisponde sostanzialmente anche allo stato attuale. L'archeologo segnala che, tuttavia, durante la sua ricognizione non gli fu possibile ispezionare, perché inaccessibili, le parti comprese tra G e D, e cioè quello spazio che Piranesi chiama “piscina” (Spadea in Speciale 1979, p. 38, cat. 2).
La matrice mostra interventi a bulino nelle poche zone in cui sono concentrati gli scuri, quindi soprattutto nella Fig. IV, dove è rappresentata la camera di manovra con il canale in cui scorre l'acqua (A) e la “cateratta” che ne regola il deflusso (B); in fondo all'ambiente voltato si vede l'apertura rettangolare (C) attraverso la quale l'acqua del lago esce per percorrere il condotto artificiale fino a giungere alla località le Mole. La rappresentazione di tale ambiente, il più importante dell'impianto, è ripetuta in una tavola di grandi dimensioni, la V, dove è possibile vedere maggiori dettagli.
La lastra presenta molti avvallamenti dovuti a correzioni eseguite con raschietto e brunitoio, soprattutto nella zona centrale coincidente con la Fig. I, ma sono individuabili anche nella Fig. II, lungo il profilo del monte Albano, e, più in basso, dove è la scala in palmi romani. Sempre in basso, presso il bordo, verso sinistra, si notano due graffi sulla superficie metallica non rilevabili sulle corrispondenti stampe; in alto, presso il margine superiore, verso destra, il metallo della matrice presenta un danno accidentale dovuto a un urto.Bibliografia
- Petrucci, 1953, p. 270, n. 487, tav. 2 (sic)
- Focillon, 1967, p. 316, n. 483
- Wilton-Ely, 1994, p. 671, n. 616
- Ficacci, 2000, p. 435, n. 536.
- MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.
Condizione giuridica
Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto
Compilazione
Compilatore: Giovanna Grumo