1762 (Sec. XVIII)
mm 65 x 298; spess. 1,8-2,1
C.
E.
F.
G.
A.
.
Osservazioni:
Osservazioni: Vedi matrice
M-1400_440a.
Utilizzando l'espediente illusionistico delle tavole applicate a un sostegno di fondo tramite grappe metalliche, e sovrapposti fogli con disegni esplicativi attaccati con chiodi, Piranesi illustra quella parte dei sotterranei del Campidoglio, in antico dette
Favisse, ossia luogo dove venivano depositati gli oggetti votivi destinati al soprastante Tempio di Giove Capitolino. Specifica che le sostruzioni del Campidoglio furono opera compiuta sotto i Tarquini, che impiegarono nella costruzione enormi massi di pietra albana.
Per la piccola composizione centrale Piranesi adotta elementi figurativi e stilistici che ricorrono già negli ambienti ipogei delle sepolture delle
Antichità Romane, mentre nelle figurine a contorno si sofferma sulla spiegazione del funzionamento dell'adiacente antico ipocausto, del quale rimanevano visibili alcune rovine. Si trattava di un sistema di riscaldamento alimentato da un grande forno che scaldava aria ad altissima temperatura, poi immessa in uno spazio vuoto predisposto sia sotto la pavimentazione, sia all'interno delle pareti degli ambienti da riscaldare dentro tubi in laterizio. E' da notare come le questioni ingegneristiche, di edilizia e di idraulica, assumano anche ne
Il Campo Marzio una posizione rilevante, sempre dimostrate con il massimo riguardo ai particolari, e con illustrazioni tecniche, ad assecondare un'indubbia predisposizione e dimestichezza dell'autore verso questi argomenti (si vedano anche le tavole XXX, cat. 129, e XLV, cat. 145), sui quali egli riteneva che gli antichi romani non avessero rivali: proprio sottolineando il valore indiscutibile di tali opere, Piranesi entrava direttamente in polemica con le teorie contemporanee che affermavano la preminenza della cultura ellenica su quella italica.
La matrice è lavorata in prevalenza a tecnica indiretta, anche nelle aree incise a puntinato.
I ritocchi a bulino sono concentrati nella figurazione centrale sulla parete di assi di legno a destra; ma la tecnica diretta è impiegata anche per definire piccoli particolari quali a esempio le grappe metalliche che ancorano i pannelli illustrativi al fondo.
Si notano alcuni difetti occorsi alla matrice accidentalmente nel tempo, che hanno esiti in stampa: un graffio nel cartiglio in alto sotto la lettera
C, poi abbassato col brunitoio; e alcuni punti di corrosione nel cartiglio in basso a sinistra, sul tubo più in basso, dovuti alla penetrazione dell'acido sotto la vernice di preparazione durante la morsura, che danno adito a macchie nere in fase di stampa, quando l'inchiostro si trasferisce sulla carta.
Sulla didascalia alcune abrasioni e reiscrizioni sovrastanti (
caldarii, terza riga, e
us mons, quarta riga) testimoniano errori del letterista, poi corretti.