1746-1756 (Sec. XVIII)
mm 318 x 243, spess. 1,6-1,9
Osservazioni:
Osservazioni: Tra i contenuti del primo tomo l'autore inserisce alcune tavole suppletorie rappresentanti i principali complessi termali dei romani: alla stregua delle mura, degli acquedotti e dei ponti, le terme esemplificano l'edilizia monumentale romana, proponendosi tra le massime opere di pubblica utilità realizzate dagli antichi, cui si appuntava l'attenzione privilegiata della cultura illuminista. Oltre alle terme di Caracalla alle falde dell'Aventino (LTUR,
Thermae Antoninianae, V, pp. 42-48), sicuramente quelle di più vasta entità, Piranesi eseguì i rilievi delle planimetrie delle terme di Traiano (ritenute di Tito, cfr. catt. 47, 48, 49) e di Diocleziano (cat. 74).
Delle spedizioni del nostro autore alle terme di Caracalla, le cui rovine erano parzialmente occultate dalle vigne e dagli orti sovrastanti, come risulta dalla
Nuova Pianta di Roma pubblicata da Nolli nel 1748, sappiamo anche da una lettera che il 12 luglio del 1755 l'architetto scozzese Robert Adam scriveva alla sua famiglia raccontando di essersi recato con l'amico Piranesi a quei bagni, “the ruins of which are most magnificent” (J. Fleming 1962, p. 165).
La ricostruzione piranesiana degli edifici termali intende collegarsi metodologicamente alla prassi filologico-interpretativa cinquecentesca: significativo risulta il fatto che proprio Adam, nel luglio del 1756 (pochi mesi dopo la pubblicazione delle
Antichità), volendo consegnare alle stampe i suoi rilievi delle terme, si fece spedire da Londra una copia della raccolta dei disegni con i rilievi delle stesse eseguiti in epoca rinascimentale da Andrea Palladio, e fatti tradurre in tavole incise dal conte di Burlington nel 1730, raccolta introvabile all'epoca a Roma (cfr. Pasquali 2004, p. 63, n. 21). Da questa testimonianza possiamo desumere l'interesse, che sicuramente aveva accomunato i due amici, verso un confronto critico con quanto elaborato due secoli prima da coloro che avevano lavorato su quelle antiche rovine.
La puntuale indagine delle strutture termali che Piranesi riuscì a condurre ebbe una certa influenza anche sulle successive osservazioni dell'antiquario e Soprintendente alle antichità di Roma Ridolfino Venuti, pubblicate nell'
Accurata, e succinta descrizione di Roma, opera postuma (1763), con il quale Piranesi intratteneva - sin dalla metà degli anni Cinquanta - un fitto scambio di opinioni professionali, nelle quali Venuti dimostrava di apprezzare i risultati della ricerca piranesiana sull'argomento (cfr. Pasquali 2006, pp. 182-183 e cat. 112).
In epoca più tarda il nostro autore dedicò alle rovine delle Terme Antoniniane due grandi incisioni, una veduta a volo d'uccello del complesso e una veduta in prospettiva degli avanzi della
gran sala, inserite nelle
Vedute di Roma (entrambe datate 1765 in Hind 1922, p. 60, nn. 76-77;
M-1400_788-789).
Questa matrice è incisa solo ad acquaforte, probabile lavoro di bottega eseguito su disegno di Piranesi e sotto la sua supervisione. La pianta e l'alzato delle terme sono delineati su un foglio spazialmente distaccato dal piano di fondo dell'immagine, che asseconda un effetto
trompe l'œil varie volte impiegato dall'autore nell'opera. Due distinte profondità di morsura sono utilizzate anche per evidenziare in stampa il distacco tra i neri più intensi, ottenuti attraverso un bagno acido più prolungato - corrispondenti alle parti della struttura termale ancora esistente in epoca settecentesca - e i segni meno profondi, più chiari in stampa, delle integrazioni criticamente elaborate e delineate dall'autore, secondo un procedimento analogo alla pianta cat. 48. Nel particolare della sezione in basso i toni grigi e bianchi delle nuvole che movimentano il cielo sono ricavati con pennellate di vernice di riserva.
Si registrano infine poche abrasioni dovute alla correzione da parte del letterista della posizione dei numeri che richiamano le voci dell'indice tipografico, e alla correzione di parole intere in didascalia.
Una pianta delle Terme di Caracalla sarà riproposta nel volume
Les plus beax monuments de Rome acienne (tav. 36), curato da Jean Barbault e edito da Bouchard e Gravier nel 1761, dove l'incisore Domenico Montagu impiega l'espediente grafico del disegno in pianta inserito all'interno di un frammento lapideo, esplicitamente derivato – sia nella tipologia figurativa che nell'esecuzione tecnica – dalle
Antichità piranesiane, in cui le invenzioni dell'architetto traevano il loro pretesto iconografico dallo studio dei frammenti dell'antica pianta marmorea di Roma (cfr. catt. 73, 76).