Frontespizio. I. B. Piranesii Lapides Capitolini
1762 (Sec. XVIII)
mm 521 x 361; spess. 2,3-2,5
; al centro: I · B / PIRANESII / LAPIDES / CAPITOLINI / SIVE / FASTI · CONSVLARES / TRIVMPHALESQ · ROMANORVM / AB · VRBE · CONDITA / VSQVE · AD · TIBERIVM / CAESAREM
Osservazioni:
Osservazioni: Proseguendo la serie editoriale di argomento strettamente archeologico avviata nel 1761, Piranesi nell'anno successivo pubblicò per i tipi di Generoso Salomoni un terzo volume, anch'esso
in folio, intitolato
Lapides capitolini sive fasti consulares triumphalesque romanorum. Il sontuoso libro contiene incisioni relative ai due frontespizi, di cui uno dedicato al pontefice Clemente XIII Rezzonico, una tavola doppia ottenuta con la stampa di due diverse lastre, tre grandi vignette poste tra le pagine e un finalino che conclude i testi. L'Istituto Centrale per la Grafica conserva quasi tutte le matrici di tali incisioni per un totale di sette rami, da
M-1400_390 a
M-1400_393b (catt. 89-95), eccetto la lastra relativa al finalino, dove appare il simbolo esoterico dell'
ouroboros accompagnato dagli strumenti del disegnatore con all'interno la frase virgiliana
Labor omnia vincit.
L'elegante tomo si rivolge, ancor più dei precedenti, a un pubblico colto e raffinato per il suo contenuto altamente specialistico. Esso riporta, dopo una lunga
praefatio, gli elenchi dei Fasti consolari (nomi dei consoli, dei tribuni militari e dei magistri che si resero protagonisti degli eventi più significativi per Roma a partire dal periodo repubblicano fino ad Augusto) e dei trionfi celebrati nell'Urbe da Romolo fino all'epoca di Tiberio, desunti dai frammenti di marmo che furono rinvenuti nel Foro romano intorno al 1547 presso una antica fornace di calce, cui dovevano essere destinati insieme alle altre parti già distrutte. Si ritiene che in origine le liste dei Fasti trionfali decorassero un arco eretto nel 20 a.C. in onore di Augusto. Il cardinale Alessandro Farnese, nipote del pontefice regnante Paolo III, fece restaurare i frammenti e curò la loro sistemazione in Campidoglio entro una cornice architettonica progettata da Michelangelo. I marmi furono inizialmente collocati nel cortile del Palazzo dei Conservatori ma nel 1586 furono spostati, pur conservando la sistemazione precedente, in una sala dello stesso edificio al piano superiore che da esse ha preso il nome, sala dei Fasti capitolini o sala della Lupa per la presenza del celebre gruppo scultoreo. Lo storico agostiniano Onofrio Panvinio, legato alla corte del cardinal Farnese, pubblicò nel 1558 la prima monografia dedicata all'argomento; l'edizione di Piranesi deriva in larga misura da quella cinquecentesca, con notevoli miglioramenti nel testo e completamenti di alcune parti mancanti. L'incisore veneziano affronta l'argomento con un approccio scientifico, come per le altre sue pubblicazioni, soprattutto quelle degli anni Sessanta, ma dietro tale attento lavoro filologico è sospettabile il consistente contributo di un ignoto erudito. Questi potrebbe essere per esempio il gesuita Contuccio Contucci, sodale di Piranesi e, secondo i biografi dell'incisore, anche suo consulente, il quale firmò l'
approbatio a stampare il libro, datata 16 giugno 1760, impressa alla fine della prefazione. Secondo un'ipotesi avanzata da Susanna Pasquali, l'autore per tale lavoro potrebbe aver chiesto e ottenuto anche una sorta di privativa da parte del Campidoglio (Pasquali, 2008, pp. 193-195, cat. 134).
Il volume fa parte di quel gruppo di opere editoriali pubblicate con ritmi serrati nei primi anni del settimo decennio che Piranesi intese pubblicare per prendere posizione in difesa dell'architettura dell'antica Roma e per sostenere la netta superiorità della civiltà romana rispetto a quella greca. Ciò in risposta a quanti affermavano il contrario, intervenendo nella controversia greco-romana nata in quegli anni, in accordo con le tesi sostenute da James Stuart e Nicholas Revett, Marc-Antoine Laugier, Julien-David Le Roy a favore dell'architettura greca.
Come prova di quanto sostenuto, Piranesi diede alle stampe nel 1761 i due libri illustrati
Della Magnificenza ed Architettura de' Romani e
Le Rovine del Castello dell'Acqua Giulia, per dimostrare l'elevato livello toccato dai romani, mai eguagliato da altre civiltà, nell'architettura e nell'ingegneria idraulica. Con l'edizione dei
Lapides capitolini Piranesi intese focalizzare l'attenzione sulla straordinaria organizzazione politico-amministrativa raggiunta dall'antica Roma soprattutto nel periodo di massimo splendore dell'età augustea.
Il considerevole numero di volumi illustrati apparso nei primi anni Sessanta denota una frenetica attività dell'incisore, il quale nel volgere di breve tempo, coadiuvato da un folto gruppo di collaboratori chiamati a lavorare nella bottega, approntò le moltissime tavole e nel contempo curò con attenzione anche la redazione scientifica dei testi, con il presumibile apporto di uno o più eruditi.
Dietro a tale vasta operazione editoriale è implicito anche un notevole impegno economico che certamente Piranesi poteva sostenere soltanto con l'aiuto di un illuminato mecenate da individuare nel papa veneziano Clemente XIII, da poco salito al soglio pontificio, al quale furono talvolta espressamente dedicati i volumi.
Nella
Della Magnificenza ed Architettura de' Romani è inserito, dopo i due frontespizi, un ritratto del pontefice Rezzonico (cat. 27) : per tale pubblicazione è noto che il papa elargì la considerevole somma di 1000 scudi mediante l'acquisto di copie o con un finanziamento diretto (Pasquali, 2008, p. 190, cat. 129); nei
Lapides Capitolini è presente una tavola dedicatoria indirizzata al pontefice (cfr. cat. 91) e anche per tale lavoro editoriale è ipotizzabile un'adeguata erogazione da parte di Clemente XIII (cfr. Pasquali, 2008, pp. 193-195, cat. 134). Quest'ultimo volume, legato per il suo contenuto al Campidoglio, dovette assumere successivamente particolare significato per il nipote del pontefice Abbondio Rezzonico, quando questi fu nominato senatore a Roma nel 1765 poiché il libro, con le sue preziose illustrazioni, si prestava a essere un adeguato dono da offrire agli ospiti più autorevoli (
ibidem).
Il frontespizio dell'opera reca inciso il titolo in latino su una finta lastra di marmo circoscritta, nella parte inferiore, da una grande e ricca cornice costituita da elementi decorativi classici e, nella parte superiore, da un capitello ionico che presenta all'interno di ciascuna voluta una testa di ariete. La simulata epigrafe è sovrastata da elementi decorativi mutuati da reperti archeologici molto noti, che danno luogo a una composizione originale. In alto è la celebre testa della
Medusa Rondanini e sotto di essa è rappresentato il pettorale, con le sue decorazioni, compresa la ghirlanda che ne circonda il bordo inferiore, dell'
Artemide Efesina appartenuta ai Farnese e ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (
ibidem). Come è stato giustamente rilevato da Susanna Pasquali, il processo creativo di Piranesi seguito in questa circostanza appare di notevole interesse poiché nel momento in cui fu realizzata l'incisione l'
Artemide era acefala, e dunque l'artista operò una sorta di originale reintegrazione apponendovi la testa di medusa (
ibidem).
In diverse parti della figurazione sono incise alcune monete romane e, in basso, collocato sopra il lato inferiore della cornice, campeggia un grande bollo doliare di età augustea, lo stesso che Piranesi rappresentò in una tavola de
Le Rovine del Castello dell'Acqua Giulia (cfr. cat. 10), sebbene con una differente descrizione dello stato di conservazione.
La matrice, realizzata ad acquaforte con morsure multiple, presenta nelle zone più scure, ampie riprese a bulino, strumento usato per scavare più profondamente i segni senza rischiare di creare “bruciature”; il suo uso si individua anche nelle zone d'ombra intorno al bollo laterizio e in quelle prodotte dalle monete.