Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Senatus populusque romanus monumenta marmorea

Inventario

Numero inventario: M-1400_392
Inventario storico di categoria: 1400/392
Nuovo inventario di categoria: 10965
Stampa corrispondente: S-CL2404_19042
IVS2: CL54430_14154 (per la matrice 1400_392)
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Senatus populusque romanus monumenta marmorea
Serie: Lapides Capitolini Sive Fasti Consulares...
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1762 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 512 x 651; spess. 1,7-2,4

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 392; in basso a destra: Piranesi F.


Osservazioni:

Osservazioni: Le due matrici sono complementari poiché, stampate su fogli incollati, costituiscono un'unica tavola, la più significativa del volume in quanto raffigurante l'oggetto trattato, i frammenti lapidei dei Fasti consolari e trionfali.
La monumentale incisione presenta i marmi in maniera alquanto diversa rispetto alla disposizione michelangiolesca che era ancora possibile vedere, allora come oggi, nella sala capitolina in cui si conservano. Piranesi mantenne sostanzialmente la distribuzione originale dei diversi pezzi, così come è tracciata nello schema lapidum (cfr. cat. 91), senza riprodurre le integrazioni testuali moderne, che sono tuttavia inserite nel testo allegato; si osserva che i frammenti sono delineati con uno spessore maggiore rispetto a quello reale, il che accentua il loro carattere di reperto archeologico. Fortemente innovative sono le figurazioni che l'artista inserì negli spazi che intercorrono tra i diversi pezzi di marmo. Molte di esse appaiono di invenzione ma altre riproducono opere esistenti conservate nei Musei Capitolini come la celebre Lupa, simbolo per eccellenza dell'antica Roma, collocata in una zona laterale ma comunque in grande evidenza per le dimensioni e per la immediata riconoscibilità, oppure, come segnala Susanna Pasquali, il poco noto bassorilievo con la Dacia prigioniera (Pasquali, 2008, pp. 193-195, cat. 134) dal chiaro significato simbolico poiché rappresenta la sottomissione delle province romane. Il bassorilievo, forse di epoca traianea, è collocato nel cortile del Palazzo dei Conservatori. Decora il piedistallo di una statua raffigurante Roma nelle vesti di Minerva e presenta una figura femminile seduta, accanto a scudi e armi, in atteggiamento meditativo, che ricorda fortemente la rinascimentale Melancolia di Dürer. Tale immagine è riprodotta fedelmente nella matrice 393 (cat. 93) a sinistra della grande lapide centrale ricomposta con i diversi frammenti, compresa la bella cornice architettonica che la inquadra, cui fa riscontro simmetricamente, nell'altra lastra, un soldato recante un trofeo.
Sopra queste due figure Piranesi inserì due dei sei frammenti di fregio di età augustea, esposti nella Sala dei Filosofi dei Musei capitolini, identificati da Bertelli ai quali - riferisce lo studioso - la tradizione avrebbe assegnato un valore semi-geroglifico in cui sarebbe stata racchiusa l'antica sapienza italica trasmessa agli etruschi attraverso gli egiziani (Bettagno, 1978, p. 43). Forse per tale ragione Piranesi decise di inserire l'immagine di tali rilievi. Il fregio pervenutoci in frammenti, detto di San Lorenzo poiché era dal XIII secolo nella basilica romana, raffigura strumenti sacrificali e trofei navali e fu eseguito per un monumento romano sconosciuto che doveva avere, secondo la recente ipotesi di Ilaria Romeo, una finalità trionfale per ricordare la battaglia navale di Azio, l'importante vittoria in seguito alla quale ebbe inizio l'Impero romano; l'ignoto edificio potrebbe essere stato costruito, secondo il parere della studiosa, nel decennio successivo al trionfo celebrato nel 29 a.C. (Romeo, 1998, pp. 119-121 e pp. 190-191, cat. RS1).
Presso il margine sinistro della cat. 93 si nota la presenza di trofei militari che ricordano da vicino quelli che Piranesi disegnò poco dopo, intorno al 1764, nel suo progetto per il rilievo orizzontale realizzato sotto la stele principale in piazza dei Cavalieri di Malta.
In alto, in corrispondenza della figurazione centrale, è riportata l'epigrafe cinquecentesca realmente esistente, delineata come se fosse anch'essa un reperto archeologico, che fa riferimento al ritrovamento dei pezzi, al restauro e alla loro sistemazione in Campidoglio. Ai lati della grande epigrafe sono incisi quattro fasci consolari, due per ogni lato.
La complessa figurazione era accompagnata da una didascalia il cui rame è andato perduto nella quale veniva indicato come autore dei Fasti capitolini il grammatico di età augustea Verrio Flacco. L'attribuzione al celebre precettore dei figli di Augusto, dovuta a Panvinio, derivava da una scorretta interpretazione del testo di Svetonio, De Grammaticis et rhetoribus, rivelatasi errata soltanto alla fine del Settecento, dopo che vennero scoperti i Fasti Prenestini di cui Verrio Flacco fu l'estensore (cfr. Campanelli in La Bua 2010, pp. 219-242).
Le due matrici sono state realizzate mediante acquaforte a morsura multipla, in modo da far risaltare le vaste aree bianche recanti le scritte incise. Come spesso si riscontra nelle opere piranesiane, anche nelle lastre in esame si individuano molti interventi a bulino per una maggiore descrizione dei dettagli e per ottenere le zone più scure In particolare essi si osservano tra i segni grafici che delineano, nella cat. 92, la lupa, il guerriero, i mensoloni che sorreggono i diversi bassorilievi, la figurazione della doppia cornucopia con il caduceo, derivante da monete romane; riguardo alla cat. 93, si notano nelle parti che definiscono i trofei, la Dacia prigioniera , l'insegna militare con l'aquila imperiale, e così via. Numerose sono le piccole correzioni presenti nelle parti recanti le scritte; una di queste, nella matrice cat. 92, è di notevole estensione, a sinistra verso il centro, dove il passaggio di raschietto e brunitoio per la cancellazione ha creato un forte avvallamento. La stessa matrice presenta al centro, presso il margine inferiore, alcune piccole e superficiali reintegrazioni in ottone effettuate per riparare minuscole fenditure formatesi durante la battitura del rame per realizzare la lastra da incidere.
E' interessante rilevare che l'epigrafe XLIX, posta in basso nella lastra cat. 93 (conservata presso il Collegio dei Gesuiti, stando all'informazione della didascalia perduta) è stata incisa su una superficie trattata con raschietto e brunitoio: molto probabilmente è stata aggiunta dopo aver cancellato una figurazione precedente.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, nn. 392-393, p. 264  
  • Focillon, 1967, n. 427, p. 312
  • Wilton-Ely, 1994, n. 558, p. 612
  • Ficacci, 2000, n. 482, p. 392 e 393.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Grumo
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