1756-1778 (Sec. XVIII)
mm 471 x 692, spess. 2,0-2,3
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Al centro della lapide: VRBIS·ÆTERNÆ·VESTIGIA / AB·EQ·I·B·PIRANESIO·IAM·ÆNEIS·TABVLIS·INCISA / NVNC·DENVO / IIS·QVE·SVPERERANT·EDENDA·QVEQVE·NOVITER·DETECTA·SVNT / DECORATA·ADAVCTA·AMPLIFICATA / EQVES·FRANCISCVS·FILIVS / GVSTAVO·III / GOTH·SVEC·VAND·REGI&&& / SAPIENTI·FORTI·ATQVE·OPTIMO / ANTIQVITATVM / ET·BONARVM·ARTIVM·PATRONO·MVNIFICENTISSIMO / IN·OBSEQVII·GRATIQVE·ANIMI·SPECIMEN / D·D·D
Osservazioni:
Osservazioni: La matrice è stata incisa da Piranesi per il frontespizio del primo tomo de
Le Antichità Romane.
L'intrigata composizione presenta ridondanti frammenti architettonici e scultorei provenienti dalle antiche fabbriche di Roma, alcuni riconoscibili, come la tazza scanalata con piedi in forma di grifi di Villa Albani, cui l'incisore riservò anche una tavola del primo volume dei
Vasi, candelabri, cippi,
edito nel 1778 (
M-1400_539); altri, come i rilievi con cataste di armi e il fregio con figure fitomorfe e candelabri, nell'angolo in basso a sinistra, ispirati rispettivamente ai rilievi del basamento della colonna Traiana e ai fregi decorativi della
Domus Flavia riportati in luce – questi ultimi - dagli scavi condotti da Francesco Bianchini sul Palatino negli anni Venti del Settecento.
L'immagine sintetizza il progetto di tutta l'opera e esprime, su un piano ideale e fantastico, l'originale gusto antiquario piranesiano, al contempo filologicamente documentato, criticamente e stilisticamente autonomo.
La matrice denuncia estese abrasioni, delle quali le più considerevoli sono da mettere in relazione ai cambiamenti di stato occorsi per modificare la dedica delle
Antichità inizialmente rivolta a Jacopo Caulfield (sull'argomento cfr.
Lettere di Giustificazione, 1757 e cat. 264; cfr. inoltre Hyde Minor 2006). Della stampa conosciamo quattro stati. Il primo con la dedica inscritta nella grande lapide che occupa la metà destra della composizione: "NOBILISSIMO VIRO / VTILITATI PVBLICAE NATO / IACOBO CAVLFIELD/ ... ", e con le armi di Caulfield nell'ovale al centro (si vedano gli esemplari a stampa presso BAV, Cicognara e Barberini; ABA; Braidense); il secondo stato in cui Piranesi, dopo aver licenziato circa sessanta esemplari col nome del nobiluomo (
Lettere di Giustificazione, p. X), si limitò all'eliminazione delle prime nove righe dell'iscrizione dedicatoria, ossia quelle strettamente riferite a Caulfield, e delle ultime due righe del testo “LVBENS DEVOTUSQUE / DEDICAVIT”, raffigurando scalpellature sulla lapide, e abradendo la parte centrale dello stemma (questo stato, anche definito "intermedio" da Donati 1950, p. 234, si conserva presso Corsini e BAV, Barberini: su entrambi gli esemplari le scalpellature immaginate sulla pietra sono pittoricamente ritoccate dall'autore con un tratteggio a penna e inchiostro, cfr. Antetomaso 2004, pp.109-112); il terzo stato in cui, in una fase di poco successiva, Piranesi pensò di indirizzare l'opera “AEVO SVO / POSTERIS / ET VTILITATI PUBLICAE”, con l'
incipit della dedica "VRBIS AETERNAE / VESTIGIA", e con la rappresentazione dello stemma fratturato (esemplari presso Corsini; BAV, Barberini; ASL, 1690; Braidense). Infine, il quarto stato coincidente con la matrice, relativo alla seconda edizione delle
Antichità del 1784, curata dal figlio Francesco, con la dedica a Gustavo III re di Svezia nella lapide e lo stemma del sovrano nell'ovale, al posto di quello di Caulfield.
L'attenzione è stata inizialmente rivolta quindi all'indagine di quell'ampia porzione di matrice occupata dall'iscrizione dedicatoria e dallo stemma, con specifico riferimento agli avvicendamenti sopra descritti: si nota distintamente l'avvallamento della superfice di rame che consegue le ripetute abrasioni; tuttavia la brunitura finale della lastra, seppure indagata al microscopio elettronico, non ha rivelato alcuna traccia delle elaborazioni degli stati precedenti.
L'esame della matrice è proseguito sulla zona dell'arco trionfale dove è stata rilevata l'abrasione di tutto il profilo destro del monumento, che viene spostato di circa 2-3 millimetri più internamente: le linee orizzontali del cielo ad acquaforte sullo sfondo vengono ricongiunte al contorno dell'arco con il bulino, e sempre a bulino sono riprofilati alcuni segmenti dei cornicioni. Tale ridimensionamento della largezza totale dell'arco trionfale potrebbe essere stata dettata dalla necessità di distaccare il monumento dal tempio sullo sfondo a destra, conferendo più ampio respiro alle due distinte emergenze architettoniche. Non deve sembrare peregrina tale ipotesi che prende in considerazione un intervento minimale su una matrice di così ampie dimensioni: è anzi ricorrente nelle matrici di tutta l'opera il riscontro di modifiche dell'inciso che riguardano piccole porzioni di lastra – apparentemente insignificanti – attraverso le quali l'autore voleva ottenere, nella percezione d'insieme dell'immagine, vibrazioni pittoricistiche e chiaroscurali più marcate, soprattutto nelle composizioni a carattere vedutistico (cfr. catt. 19, 89, 107, 118, 128, 144, 152, 154, 208).
Altra correzione del disegno si osserva sull'intradosso sinistro dell'arco, sullo sfondo del cielo; in questo caso la fascia abrasa, di 2 mm di larghezza, interessa l'intradosso fin sotto gli elementi aggettanti più esterni dei cornicioni: ne risulta un leggero allargamento del fornice con una maggiore diffusione di luce all'interno. Anche in questo caso le linee orizzontali del cielo, incise ad acquaforte, vengono poi raccordate all'intradosso dell'arco col bulino. Ancora una correzione del disegno è conseguente all'abrasione della linea di base del conicione con mensole in basso a sinistra, all'interno del fornice, che viene rialzata di 2 mm. I segni verticali sotto i mensoloni sono sempre successivamente raccordati a bulino.
Nella zona dell'arco sono presenti numerosi altri interventi a bulino, brevi tocchi localizzati sulle parti in ombra delle decorazioni architettoniche, per accentuarne il chiaroscuro, che devono essere considerati distintamente rispetto agli interventi dovuti a correzioni del disegno. Inoltre, l'inciso ad acquaforte di alcuni dettagli di vegetazione attorno all'arco, quali i due che pendono all'interno del fornice, nonché il piccolo albero e i cespugli sull'attico, viene attenuato col brunitoio e in parte finemente ripristinato con sottilissimi segni a bulino, per limitare la concentrazione di inchiostro in quelle aree della matrice e ottenere in stampa una gradazione tonale.
Dal confronto con gli esemplari di primo stato si è potuto verificare che gli interventi sull'arco erano già stati effettuati, il che denuncia l'immediata revisione da parte dell'autore di quei particolari.
La rimanente superficie della matrice è occupata da un elaborato grafico estremamente complesso, con elementi di figurazione sovrapposti e affastellati, per la resa del quale Piranesi volle utilizzare una morsura molto prolungata, tale da rendere un'intensità di toni adeguata ai piani compositivi prossimi all'osservatore. Il prolungamento del bagno in acquaforte ha provocato diffuse bruciature di acido sulla matrice, sulle quali con l'intervento del bulino l'autore ridefinisce in profondità l'indistinto tracciato dei segni. La modalità operativa tutt'altro che accidentale, anzi ricorrente in altre tavole dell'opera (catt. 18, 79, 107, 123), è appositamente studiata dall'incisore per massimizzare in stampa i toni scuri.
Si segnala infine un ristretto avvallamento circolare, di circa 8 mm di diametro, dovuto ad abrasione da correzione, in corrispondenza dell'angolo in alto a destra della matrice, sotto la numerazione della tavola “
I”; la cornice esterna alla figurazione, i cui segni erano stati parzialmente interessati dall'abrasione, viene successivamente raccordata a bulino. Tale intervento si può ravvisare già nella stampa di primo stato.