1750-1756 (Sec. XVIII)
mm 38 x 499, spess. 1,4-1,6
Osservazioni:
Osservazioni: Didascalia della matrice
M-1400_133a.
Per illustrare le camere sepolcrali dei Liberti di Livia scoperte sulla via Appia nell'anno 1726, rinvenimento archeologico che ebbe ampia risonanza in pubblicazioni coeve (prima fra tutte quella di Francesco Bianchini, responsabile dello scavo in qualità di Presidente delle Antichità di Roma, cui seguirono quella di Anton Francesco Gori, 1727 e di Pier Leone Ghezzi, 1731), Piranesi riutilizzò i cinque rami editi da Bianchini nel volume
Camera ed Inscrizioni Sepulcrali De' Liberti, Servi, ed Ufficiali della Casa di Augusto Scoperte nella Via Appia, Roma 1727 (catt.163, 165, 166, 167, 168).
La trattazione dell'argomento nelle
Antichità fu arricchita da Piranesi con una veduta esterna degli avanzi delle camere (cat. 164), con quattro tavole dedicate ai frammenti (catt. 169-172), e sette tavole riservate alle iscrizioni ritrovate all'interno del colombario (catt. 173-179), per le quali l'autore si confrontò anche con le pubblicazioni di Gori e Ghezzi (cfr. Battaglia 1996); ma per documentare filologicamente il monumento in pianta, prospetto e sezione Piranesi aveva considerato del tutto esaustive le cinque tavole di Bianchini (anche se su alcune matrici effettuò qualche intervento per migliorare la chiarezza dell'informazione, cfr. schede a seguire).
Del resto, egli aveva dimostrato di apprezzare le cinque matrici impiegandole una prima volta – seppure con qualche modifica - per l'edizione della sua raccolta sulle
Camere sepolcrali degli antichi Romani (1750-1752 ca.), pubblicazione nota in pochi esemplari, composta di un numero variabile di tavole, da un minimo di dodici a un massimo di quattordici, in cui l'autore aveva inserito, oltre alle camere sepolcrali dei Liberti di Livia provenienti da Bianchini, quelle degli Arrunzi (cfr. catt. 87, 88, 89, 95), il
Sepolcro antico … per la strada di Tivoli (cat. 118) e il
Sepolcro della Famiglia Plauzia (cat. 154). La raccolta costituisce il nucleo da cui ebbe origine il progetto più ampio delle
Antichità Romane (cfr.
Lettere di Giustificazione 1757, p. VII, n.10): sia le tavole di Bianchini, sia le altre piranesiane confluirono qualche anno dopo nel secondo e terzo tomo delle
Antichità.
Allo stato attuale degli studi non è possibile precisare se i rami di Bianchini furono acquistati da Piranesi o prelevati da un deposito presso un editore (Battaglia 1996, p. 80, n.65).
Le stampe tratte da quelle cinque matrici risultano ancora senza numerazione incisa nella raccolta delle
Camere sepolcrali (così l'esemplare del Soane Museum, cfr. Hind 1922, pp. 81-82), mentre nelle edizioni delle
Antichità consultate gli esemplari riportano l'indicazione a stampa del tomo in alto a sinistra e della tavola in alto a destra (Corsini; BAV, Cicognara, con l'unica eccezione della tav. XXVI numerata a penna; BAV, Barberini; ASL; ABA; Braidense).
Nelle edizioni suddette, solo in BAV, Cicognara si si ravvisa – limitatamente alla tav. XXVI (cat. 168) - quanto osservato da Focillon, ossia che le stampe dei cinque rami compaiono su carta disomogenea rispetto a quella del volume in cui sono rilegate, da cui lo studioso deduceva che Piranesi avesse inserito in blocco una tiratura preesistente della quale era venuto in possesso (Focillon 1918, ed. cons. 1967, pp. 66 e 299).
Delle cinque tavole nel volume di Bianchini tre sono firmate da Girolamo Rossi (per l'attribuzione della tavola XXV cfr. cat. 167 ), incise su disegno di Antonio Buonamici.
Nell'opera di Francesco Bianchini, comunque, le illustrazioni non avevano didascalia, in quanto spiegate dall'autore nel testo, di cui costituivano corredo figurativo: le didascalie su matrici separate sono tutte opera della bottega piranesiana, e elaborano quanto espresso nel testo di Bianchini.
Sulla matrice in questione, prima tra le cinque, è incisa la
Pianta della Camera sepulcrale che veniva spiegata da Bianchini nel testo come
Figura I. Piranesi intervenne sulla matrice modificandola leggermente per adattarla alle sue pubblicazioni, aggiungendo sulla metà sinistra della matrice, esternamente al muro perimetrale della pianta, un tracciato di linee oblique all'acquaforte allo scopo di rappresentare il terrapieno nel quale il colombario rimaneva per gran parte interrato, e inscrivendo rispettivamente in alto a destra e a sinistra i diversi riferimenti relativi alla successione delle tavole nelle
Antichità (
Tom. III;
XXI).
Sempre sulla stessa metà sinistra della matrice si può osservare, nell'area priva di segni verso il margine, un sostanzioso e grossolano utilizzo del brunitoio, del tutto simile a quello che si è riscontrato su altre matrici a carattere tecnico-geometrico delle
Antichità, impiegato per ripulire una matrice che aveva conosciuto numerose tirature e spostamenti, al fine di ottenere in stampa un fondo perfettamente bianco.
Sul margine destro della matrice, circa a metà altezza, si evidenzia una reintegrazione in ottone del rame che in quel punto si presentava lacunoso; l'intervento, che deve essere ritenuto coevo alla manifattura della lastra, determina sin dagli esemplari a stampa presenti nel volume di Bianchini un segmento nero sul bordo dovuto alla concentrazione d'inchiostro nella linea di giunzione tra i due metalli.
Questa tavola nel testo di Bianchini non è firmata, anche se si presume che la commissione per disegnare e incidere i cinque rami dovette essere stata affidata comunque agli stessi Buonamici e Rossi.
La matrice della didascalia (133b), invece, doveva essere inizialmente firmata in basso a sinistra “
Piranesi”, dal momento che è ancora parzialmente leggibile allo stereo-microscopio “
Pir”, ma la firma fu abrasa probabilmente prima di passare alla stampa. Infatti, anche nelle prime edizioni sopra menzionate, la tavola non presenta alcuna indicazione di responsabilità.