Van Swanevelt Herman
Woerden, ca. 1603 - Parigi, 1655
Grotta della ninfa Egeria
Inventario
Numero inventario: S-FC77058
Cronologia matrice: Sec. XVII
Collocazione: Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Corsini; scatola 37TER
Autori
Incisore: Van Swanevelt Herman (1603 ca./ 1655)
Disegnatore: Van Swanevelt Herman (1603 ca./ 1655)
Inventore: Van Swanevelt Herman (1603 ca./ 1655)
Ambito culturale: olandese
Soggetto
Identificazione: Rovine del ninfeo di Egeria
Titolo proprio: Grotta della ninfa Egeria (bibliografia)
Serie: DODICI PAESAGGIFondo: Fondo CorsiniCronologia
Datazione: 1650-1655 (XVII secolo)
Dati tecnici
Misure foglio: mm. 195 x 285
Materia e tecnica: acquaforte
Stato di conservazione: cattivo (lacune, pieghe, carta ingiallita)
Iscrizioni
Iscrizioni: In basso, a sin. : «Herman van Svanevelt Inventor fecit et excudit»; a dx.: «cum privilegio Regis»
Editori/Stampatori
Editore: Van Swanevelt Herman (Woerden 1600/ Parigi 1655)
Osservazioni:
Osservazioni: Herman van Swanevelt, pittore e incisore principalmente celebre per la produzione paesaggistica rappresenta una delle illustri peronalità che nel XVII secolo vennero in contatto con la cultura dell'antico a Roma. La grande maestria con cui adoperò entrambe le tecniche lo rese uno tra i più importanti rappresentanti del Seicento olandese. Dopo il soggiorno formativo a Parigi (privo, tuttavia, di una solida ricostruzione) dove si fece conoscere tramite due vedute della città dipinte nel 1623, Herman si trasferì a Roma dove risulta documentato dal 1627 ca. al 1641. Nella città papale l’olandese divenne figura di spicco tra gli “avanguardisti” pittori d’oltralpe impegnati nelle ricerche formali e illuministiche sul paesaggio. Le ampie inquadrature scenografiche e il taglio delle composizioni dell’autore rispecchiano infatti la grande tradizione paesaggistica olandese. Tali caratteri, assieme alla fortuna commerciale che nella seconda metà del XVII secolo acquistò la produzione paesaggistica e di vedute romane, ne fecero un’artista profondamente apprezzato e radicato, tramite i contatti con la corte di Papa Urbano VIII, nella cerchia di committenze del Vaticano. Sulla scorta dell’esperienza di Claude Lorrain e del connazionale Cornelius van Poelenburgh, Herman maturò uno stile ricercato e suggestivo tipico della “maniera fiamenga”(Cappelletti, 2004), molto popolare soprattutto nella Roma del tempo (grazie alla cerchia olandese presso la corte Barberini ) e nella Firenze del Granducato. Le opere dell’olandese furono inoltre richieste del re Filippo IV per il suo palazzo del
Buen Retiro di Madrid (dove compare accanto a Lorrain, Poussin, Dughet e Both) e in Francia, dove si stabilirà defitivamente. A Parigi l’artista lavorerà soprattutto per il cardinale e duca di Richelieu e per il re Luigi XIV divenendo membro dell'Accademia reale di Pittura e Scultura.
La produzione di Swanevelt, caratterizzata da una solitaria attività nell’atmosfera silvana della Roma seicentesca, trae la propria fortuna dal personale approccio allo studio della campagna romana e delle maggiori emergenze monumentali della città. Le sue opere grafiche hanno contribuito a rendere popolare il tema del ‘paesaggio ideale’ e a diffondere la cultura antiquaria nel nord Europa grazie un gran numero di incisioni di alta qualità. Parte della critica risulta concorde nell’attribuire maggiore interesse alla produzione incisoria dell’olandese: merito di un utilizzo del bulino che, attraverso tratti orizzontali e leggermente curvati, conferiva armonia e vitalità al segno tipico degli incisori fiamminghi. Nell’ambito incisorio, l’eremita (così soprannominato dai contemporanei) ha realizzato un grande numero di opere ad acquaforte con soggetti zoologici, vedute di Roma con diversi importante vestigia e monumenti assieme ad alcune serie di paesaggi, riprodotti in chiave “ideale”. L’ultima fase della vita di Van Swanevelt si caratterizza infatti per una forte predilezione dedicata alla produzione e vendita di serie a stampa legate al repertorio iconografico raccolto negli ultimi anni parigini ma soprattutto del periodo romano.
L’approccio filologico di stampo nordico è in questa incisione abilmente declinato sul tema mitologico rovinistico nella rappresentazione dell'antica grotta di Egeria, poizionata sulla Via Appia, fuori porta San Sebastiano, nel suburbio romano. Si tratta di un ninfeo monumentale, manufatto che gli archeologi hanno datato (sulla base della tecnica muraria) al II secolo d.C. La sua identificazione come luogo sacro alla ninfa, secondo la tradizione liviana moglie del secondo re di Roma Numa Pompilio, si colloca attorno agli anni Trenta del Cinquecento, a segnare l’inizio di una specifica fortuna iconografica nella cultura architettonica del Rinascimento. Antonio da Sangallo il Giovane disegna sommariamente la grotta lungo la via Appia in un foglio (1530 ca.) conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Accanto a questo, nella produzione dedicata al sito, è noto un' ulteriore disegno, attribuito a Sallustio Peruzzi (probabilmente copia dal padre Baldassare) presente nella medesima istituzione.
Una prima significativa valorizzazione del luogo – con particolare riguardo ai valori simbolici riconosciuti al mito di Egeria e Numa Pompilio – si ebbe in occasione dell’ingresso trionfale a Roma di Carlo V nel 1536, quando venne organizzato un banchetto in onore dell’Imperatore. L’iconografia di Numa Pompilio insieme ad Egeria si diffonde nei primi decenni del Cinquecento e trova una significativa testimonianza in numerosi cicli di affreschi, segnati anche da una presenza dell’acqua in chiave antiquaria attraverso la quale si rievoca la magnificenza di fontane e ninfei dell’antichità romana. È dunque in questa fase culturale che si cristallizza l’immaginario del ninfeo come mitico luogo degli incontri fra Egeria e il re Numa Pompilio. Il sito è inoltre legato alle pratiche idromantiche sulla base del racconto di Ovidio nelle
Metamorfosi dove Egeria, afflitta per la morte dell’amato, viene tramutata in fonte dagli déi impietositi di fronte al suo grande dolore.
Secondo una consolidata tradizione toponomastica, la Valle di Egeria” (dove si trova la grotta) risulta conosciuta ancora oggi come Valle della Caffarella, dal nome dei proprietari dello
specus in cui fu identificata la grotta della Ninfa.
Bibliografia
- Aa.vv., The illustrated Bartsch, 91, v.2 p.295, 1978-1983
- Blankert A., et al., Towards the south. I paesaggi di Herman van Swanevelt 1603-1655, 2007
- Cappelletti F., Herman van Swanevelt, in "La Pittura di Paesaggio in Italia. Il Seicento", L. Trezzani (a cura di), Milano 2004, pp. 368-371
- Nagler G.K., Neues allgemeines Künstler-Lexicon, 91, v.18, 1835-52, p.47,
- Salerno L., Pittori di Paesaggio del Seicento a Roma, II, Roma 1977, pp. 410-423; III, 1980, pp. 1085-1089
- Regina Viarum. La via Appia nella grafica tra Cinquecento e Novecento, catalogo della mostra (Roma, Istituto centrale per la grafica, 20 settembre 2023 - 7 gennaio 2024), a cura di Gabriella Bocconi, Roma, 2023.
Condizione giuridica
Condizione giuridica: Proprieta' dell'Accademia dei Lincei
Provenienza: deposito; Accademia dei Lincei; 1895
Fonti e documenti di riferimento
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