1769 (Sec. XVIII)
mm 200 x 328; spess. 1,9-2,1
Osservazioni:
Osservazioni: Il camino è prevalentemente caratterizzato da dettagli figurativi derivanti dall'antichità etrusco-romana. Al centro del fregio un medaglione con scena di due personaggi colloquianti panneggiati all'antica è affiancato da aquile. iconografia che Piranesi accoglie qui in formato ridotto dal grande rilievo nel portico della chiesa dei Santi Apostoli, più volte ripreso dall'artista e dalla sua bottega (si veda il clamoroso esempio del disegno conservato presso la Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe, vol. 1, f. 35, in relazione al frontespizio del secondo Tomo dell'opera
Vasi, Candelabri, Cippi, 1778, in Kabierske 2015, p. 160, fig. 20), e motivo del resto molto copiato anche dai disegnatori dell'epoca. Due aquile svettano anche sugli angoli in alto del camino, accompagnando le mensole a sorreggere la cornice. Sopra il fregio un motivo decorativo formato da delfini con medaglie incastonate tra le code e, al centro, una mandorla con Venere adagiata all'interno. Il corpo del delfino, dalle linee ondulate e sinuose, aveva costituito l'ornamento di elementi architettonici romani che Piranesi riprende, combina, o ai quali liberamente si ispira, ricorrenti fino anche nella raccolta
Vasi, Caldelabri, Cippi, 1778 (ad esempio il vaso cinerario dalla collezione Altieri, Tomo I, tav. 7,
M-1400_512b).
I delfini “a coda tripartita” qui raffigurati sembrano assomigliare più a quelli del capitello oggi conservato al Sir John Soane's Museum (Panza 2017, p. 377) che a quelli sui capitelli di Villa Adriana. Alcuni capitelli antichi con delfini rispondenti a questo disegno erano stati del resto rilevati da Piranesi già nella
Magnificenza ed Architettura de' Romani (1761, tav. XIX; Mariani 2017, cat. 50), opera in cui passava in rassegna il ricco repertorio d'invenzione aderente all'architettura romana, e nelle stesse
Antichità Romane (1756, Tomo II, tav. 63; Mariani 2014, cat. 142). Altri delfini simili a creature fantastiche con le code alzate, dalle quali si diramano tralci vegetali, cui si aggrappano uccelli, sono posti alla base dei montanti.
Una corona di ghiande percorre stipiti e architrave a raccordare le diverse parti della composizione, secondo un ordine paratattico per cui l'oggetto naturalistico assume quasi una valenza astratta, come Piranesi stesso spiegava nel
Ragionamento Apologetico (“... vediamo le onde scorrere su una linea retta e non essere più onde, gli steli di un frutice racchiusi e raggirati tra due linee rette ... non essere più né frutici né fiori...”, p. 12).
All'interno del camino è inserito il parafuoco: la grata metallica a semicerchio è ripartita graficamente in spicchi disposti a raggiera che rimandano alla decorazione delle volte nelle architetture antiche, simili ad esempio alla partitura della volta della Domus Aurea copiata da Pietro Santi Bartoli e inserita in appendice alla riedizione del 1750 delle sue
Picturae antiquae (tav. III, in Battaglia 1993, p. 226), ma per la quale decorazione si confrontino anche le volte dei nicchioni della raffaellesca Villa Madama.
Lo stile etrusco-romano è contaminato da elementi di origine culturale eterogenea, ad assecondare la fantasia creativa espressamente rivendicata dall'artista nel
Ragio- namento introduttivo ai Camini. Si osservi l'Artemide efesina, figura ricorrente nelle composizioni piranesiane dai primissimi anni Sessanta, che si sovrappone al disegno della grata risultando dominante al centro del camino; si veda inoltre il muso di profilo dei levrieri seduti a sorreggere la cassetta porta-carbone, che ricorda la testa del dio egizio Anubi.
Nelle prime edizioni BAV, R.G. Arte Archeologia e GNAM la tavola non era stata ancora numerata; nelle edizioni settecentesche ASL e BiASA la tavola reca il numero
22 in basso a destra.
Dalle analisi condotte sulle incisioni per la pubblicazione di questo volume, in particolare dal confronto tra le diverse edizioni a stampa e il rame corrispondente, anche questa matrice è risultata essere una replica dell'originale perduto (cfr.
Note a margine). È stato verificato infatti che il tracciato segnico presente sul rame è parzialmente semplificato e non corrisponde con esattezza a quello sulle stampe originali: la replica risulta qualitativamente inferiore rispetto all'originale nella risoluzione di alcuni dettagli quali, ad esempio, le faccine dall'espressione più tonta in basso al centro sotto gli stipiti, o l'Artemide efesina i cui seni sono mal riprodotti. Si è escluso che queste diversità possano costituire delle varianti di stato, poiché sulla lastra non vi sono tracce di interventi meccanici finalizzati a correggere l'inciso in seguito a ripensamenti.
L'edizione
Piranesi Frères nelle collezioni della Fondazione Cini (Venezia) ha inserita già la stampa da matrice replicata.
La matrice nelle collezioni della Calcoteca dell'ICG, sebbene manchi della delicata vibrazione chiaroscurale e della morbidezza tonale dell'originale, è in ogni caso un prodotto di alta qualità tecnica. Lo spessore del rame impiegato è leggermente superiore alla media di quello dei Camini; sono stati anche pressoché eliminati dal suo rovescio i segni di ribattitura tipici della lavorazione della lastra prima di essere incisa: il verso infatti risulta liscio. L'incisione è condotta all'acquaforte con rientri a bulino che approfondiscono le ombre.
Si deve notare in alto a sinistra, inciso leggero a puntasecca, il numero romano
XIV (per una possibile interpretazione di questo riferimento inciso.