[Della Introduzione. Pianta e alzato di tempio Tuscano]
1765 (Sec. XVIII)
mm 613 x 405; spess. 1,9-2,4
Sul verso della matrice: ordito meccanico a fasce regolari con profilo di architrave con capitello. Abbozzo della cupola di S. Pietro.
Osservazioni:
Osservazioni: La matrice illustra una delle sei architetture ideali aggiunte al
Parere sull'Architettura dopo la prima edizione (catt. 83-88); sul verso della lastra, inoltre, sono presenti un grande schizzo della cupola della basilica di San Pietro a Roma e altri studi di bottega.
La firma
Cavalier Piranesi che compare in calce a questo gruppo di tavole, inizialmente stampate senza la numerazione romana e rilegate con un'ordine diversificato all'interno del volume (secondo Wilton-Ely si registrano almeno tre sequenze distinte, dove rimane costante solo la disposizione della prima e dell'ultima immagine; cfr. Wilton-Ely, 2002, p. 76, nota 93), consente di datare l'esecuzione dei rami dopo l'ammissione di Piranesi all'Ordine dello Speron d'oro, notificata con breve papale il 16 gennaio 1767 (cfr. Bevilacqua, 2008, p. 283). Considerata questa datazione tarda e le caratteristiche tecniche con cui sono incise le matrici, alquanto distanti dal consueto
modus operandi adottato da Piranesi (su questo aspetto cfr. cat. 84), Carlo Alberto Petrucci ha attribuito l'invenzione e l'esecuzione delle sei lastre al figlio Francesco (cfr. il
Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia, 1953, p. 258); la maggior parte dei critici tuttavia continua a riferirle ancora a Giambattista, del quale si conservano alcuni disegni per la serie in questione (cfr. cat. 84), motivandone le differenze stilistiche rispetto alle altre opere autografe con un cambiamento di gusto e di finalità (si veda in particolare Wilton-Ely, che ha indagato analiticamente tutte le tavole in Wilton-Ely, 2002, pp. 40-51).
La verve polemica dell'architetto veneto contro i rigoristi vitruviano-palladiani raggiunge in queste composizioni sperimentali il culmine della sua interpretazione personale dell'architettura. Le immagini danno provocatoriamente forma alle idee sostenute nel
Parere in merito alla libertà creativa dell'artista, mostrando un vivido esempio di quella visionaria concezione della
res edificatoria introdotta in gioventù nella
Prima parte di Architetture (1743) e sviluppata negli anni Sessanta sino alla pubblicazione dell'opera
Diverse maniere (1769), ritenuta il manifesto del credo estetico piranesiano dell'epoca.
La tavola in esame, prima in ordine di apparizione sul volume, è la composizione più convenzionale della serie, come se rappresentasse un punto di partenza formale per la sequenza di capricci architettonici che seguono (cfr. Wilton-Ely, 2002, p. 46; in particolare secondo Joseph Rykwert le sei tavole furono concepite da Piranesi per documentare la sua idea di progressione dell'architettura, cfr. Rykwert, 1980, pp. 379-381). La figurazione riproduce la pianta e il prospetto frontale di un tempio di fantasia in ordine tuscanico, caratterizzato rispetto alle altre immagini da una struttura relativamente poco articolata e dall'assenza pressoché totale di elementi ornamentali. L'incisione si distingue anche per il linguaggio prettamente didascalico con cui è risolta, più simile allo stile dei rilievi architettonici illustrati nella
Magnificenza (cfr. cat. 59) che all'esuberante libertà segnica mostrata nelle tavole successive: dapprima sono stati tracciati a puntasecca i contorni essenziali delle immagini e poi è stato delineato ad acquaforte il disegno finale, campendo le superfici con un fitto ordito meccanico la cui diversa profondità dei segni – ottenuta con più morsure in acido e successivi rientri a bulino localizzati – conferisce in stampa gli effetti chiaroscurali necessari alla definizione dei valori plastici e prospettici.
L'osservazione diretta del manufatto ha evidenziato la presenza di numerose abrasioni da correzione sulla superficie della lastra. La più estesa, situata al disotto della pianta architettonica, documenta probabilmente la rimozione di una didascalia (o della scala metrica del disegno) avvenuta prima della tiratura ufficiale della lastra, in quanto già assente nell'esemplare a stampa di primo stato conservato all'Accademia di San Luca. Le ulteriori tracce di abrasione riguardano invece la cancellazione di alcune linee di costruzione del disegno preliminare (vedi in particolare sulla pianta le due aree comprese tra le parti più esterne del portico e il paramento murario soprastante; o quelle più piccole in corrispondenza al capitello della colonna centrale a destra, al piano sottostante la base della colonna esterna a sinistra, e alle fondamenta del tempio in prossimità della parte superiore del margine destro della muratura).
In merito alle incisioni presenti sul verso, lo schizzo con la basilica di San Pietro localizzato nella parte centrale della lastra - in alto a destra - necessita di un approfondimento critico. L'incisione, eseguita a secco come tutti i tracciati segnici presenti su questo rovescio, raffigura l'intera cupola della chiesa con il tamburo e parte dell'edificio sottostante. Tale studio, la cui esistenza è stata segnalata per la prima volta da Monferini (1967, p. 267, n. 977), rimanda inequivocabilmente allo stesso dettaglio effigiato nella
Veduta dell'Esterno della gran Basilica di S. Pietro in Vaticano del 1748 (
M-1400_691; cfr. Hind, 1922, n. 5). Per le ipotesi della studiosa e le controdeduzioni scaturite dall'analisi ottico-strumentale si rimanda a Salinitro in catalogo.
Le altre incisioni sono relative a esercitazioni tecniche di bottega realizzate, come documenta la sovrapposizione dei vari tracciati segnici, in fasi diverse e comunque successive allo schizzo della cupola. Accanto a quest'ultimo, sulla sinistra, si rileva uno studio di architrave con capitello ionico, il cui profilo ricorda vagamente quello del secondo ordine del Teatro di Marcello riprodotto nella tavola XXXVII del quarto tomo delle
Antichità Romane (Salinitro in Mariani, 2014, cat. 240). Il resto della lastra è ricoperto invece da una serie di tracciati meccanici a fasce, disposti in modo tale da non inficiare le due immagini precedenti e formare una sorta di scacchiera irregolare sulla superficie metallica.