1765 (Sec. XVIII)
mm 162 x 220; spess. 1,4-1,7
Osservazioni:
Osservazioni: Le architetture ideali raffigurate in queste matrici (catt. 75, 76, 79) rappresentano la sintesi degli argomenti espressi nel
Parere, in merito alla libertà d'invenzione dell'artista rispetto ai canoni stilistici dell'antichità classica (per un inquadramento generale cfr. cat. 74, 77 e 78).
Sono edifici monumentali – come si percepisce dalle piccole figure che fungono da scala metrica - caratterizzati da una sintassi compositiva estremamente innovativa, dove le regole di Vitruvio e Palladio vengono "stravolte con un gusto neomanierista, che ribalta o scambia gli elementi convenzionali del disegno” (Wilton-Ely, 1998, p. 68); spicca il ricco apparato ornamentale composto dall'unione di temi formali e decorativi di origine etrusca, romana, greca ed egizia, la cui concezione indipendente dai partiti strutturali è mutuata dalla profonda ammirazione per l'opera di Borromini, esaltata nel trattato tramite le parole dell'architetto Didascalo (portavoce delle idee piranesiane).
La prima matrice (cfr. cat. 75), incisa per la vignetta in testa al
Parere, raffigura una sorta di tempio dedicato alla Società degli Antiquari di Londra, di cui Piranesi era membro dal 1757. Si tratta di una stravagante composizione, definita da Wilton-Ely come un “collage of disturbingly discordant forms contrived for polemical effect” (Wilton-Ely, 2002, p. 45), costituita da uno slanciato corpo centrale affiancato da due strutture murarie più basse, che fungono da mero supporto a diversi elementi ornamentali, e da un portico in ordine tuscanico sul retro dell'edificio. Tutto il complesso risulta decorato con una profusione di rilievi scultorei, alcuni dei quali rimandano all'interesse manifestato dall'autore negli anni Sessanta verso gli ornati etruschi e si ritrovano, come evidenziato sempre da Wilton-Ely (2002, p. 45 e p. 76, nota 91), nelle decorazioni per la Chiesa di Santa Maria del Priorato o nella tavola dedicata alle “invenzioni” etrusche che accompagna il saggio introduttivo del volume
Diverse maniere d'adornare i cammini, edito nel 1769 (
M-1400_875; vedi il motivo della Stele con iscrizioni, n. 47; il serpente, n. 84; e il flauto di Pan, n. 94).
La seconda incisione (cat. 76) illustra la pagina finale del
Parere, presentando una struttura templare caratterizzata da un alto portico con sei colonne (le due centrali hanno il fusto squamato, le laterali spiraliforme) e, ai lati, da paramenti murari a “bugne” sormontati da sculture a tutto tondo. Anche questo monumento si distingue per la considerevole presenza di elementi ornamentali (fregi, festoni e rilievi scultorei), qui ispirati alla tradizione cinquecentesca di architetti manieristi come Peruzzi o Ligorio (
ibidem).
L'ultima vignetta (cat. 79), stampata sulla pagina che segue il
colophon del libro, raffigura la facciata di un palazzo quadrangolare ripartita in tre ordini da cornici marcapiano. L'edificio, a cui si accede tramite una profonda scalinata, mostra al piano terra un portico a due livelli: il più basso è composto da una serie di edicole con timpani ricurvi e triangolari, fiancheggiate internamente da coppie di telamoni egiziani; il più alto, dietro al primo, da colonne tortili binate che reggono la trabeazione. Una fascia con festoni e bucrani sormontata da sei grandi elementi scultorei costituisce l'ornamento principale del piano nobile, caratterizzato da una doppia teoria di finestre e di nicchie allineate verticalmente e separate da un fregio continuo; l'apparato decorativo termina in alto con un timpano triangolare addossato alla parete, sopra al quale corre un cornicione orizzontale che copre parzialmente la struttura del tetto a spioventi.
Wilton-Ely (
ibidem) ha evidenziato le notevoli somiglianze di questa composizione con le innovazioni formali proposte da Raffaello per il Palazzo Branconio dell'Aquila, costruito sulla via Alessandrina a Roma nel 1519-1522 e demolito nel 1660 (cfr. Murray, 2007, pp. 164-165; l'edificio è noto tramite un'incisione di Pietro Ferrerio, edita in
Palazzi di Roma de più celebri architetti, Roma, 1655, f. 40). L'influenza di quest'opera si ravvisa prevalentemente nella serrata scansione delle superfici per piani orizzontali e nel ricco repertorio decorativo, tuttavia la varietà di ornamenti che caratterizza l'immagine in esame supera il prototipo raffaellesco mostrando il nuovo sistema estetico teorizzato dal nostro autore nelle pagine del
Parere.
Le figurazioni di queste tre matrici sono incise ad acquaforte con limitatissimi interventi a bulino, adoperando un linguaggio segnico sintetico che rende le immagini alquanto piatte. Sui manufatti non si rilevano significative peculiarità, eccetto per alcune tracce di brunitura lungo il margine sinistro del secondo rame (cat. 76) riconducibili dalla morfologia a sommarie operazioni di nettatura della superficie metallica non incisa (sul verso della stessa lastra si segnalano anche dei piccoli segni di bulino, eseguiti per testare l'affilatura dello strumento).