1746-1756 (Sec. XVIII)
mm 141 x 272, spess. 1,4-1,6
Osservazioni:
Osservazioni: Diversamente da quanto finora ipotizzato sulla scorta di un’informazione ricavata dalla guida del Nibby, che datava i radicali lavori di restauro dell’attico del Pantheon a prima del 1747 (Nibby 1838, II, p. 698; Monferini 1967, p. 299; Scott 1975, p. 120), questa veduta, che pure raffigura ancora l’antico assetto del tempio, non è da considerarsi necessariamente parte di quel materiale eterogeneo raccolto negli anni precedenti il 1747, che Piranesi andò riutilizzando nella composizione delle
Antichità Romane. Infatti, radicali lavori di demolizione e rifacimento che interessarono la fascia dell’attico, eliminando l’antico sistema di pilastrini policromi e lesene che qui possiamo ancora osservare, e che portarono all’assetto della
Veduta interna del Pantheon raccolta nelle
Vedute di Roma datata al 1768 (
M-1400_757; Hind 1922, p. 36), avvennero dieci anni dopo, nel 1757, a opera dell’architetto Paolo Posi. Questo radicale restauro, reso necessario dal pessimo stato di conservazione della struttura ancora alla metà del secolo (nel 1753 era crollato dall’intradosso della volta un pesante frammento), fu oggetto di un’appassionata polemica internazionale, cui presero parte anche Mariette e Bottari, sul valore storico delle vestigia di un luogo così rappresentativo e simbolico; come si capisce dai progetti di Posi per questo delicato intervento, del resto, erano allo studio soluzioni che avessero un fondamento storico e filologico: l’architetto, che fu accusato di aver deturpato l’antico e nobile tempio con moderni “fronzoli borromineschi”, recupera invece una restituzione del Pantheon augusteo proposta da Carlo Fontana nel 1694. Piranesi era certo al corrente dei tanti risvolti della controversia dal momento che, secondo quanto scrive Mariette a Bottari in una lettera del 1758, quell’anno egli lavorava a un progetto monografico sul monumento. L’opera, che non vide la luce, avrebbe offerto, proprio come le
Antichità Romane, uno studio delle questioni antiquarie riguardanti il monumento, integrate da un importante apparato illustrativo aggiornato sui recenti interventi di restauro (Pasquali 2008). Si ricorda, inoltre, che Piranesi aveva acquistato sette capitelli dell’ordine superiore del Pantheon, citati nell’inventario redatto nel 1778 in seguito alla sua morte e riconoscibili in una serie di sei esemplari giunta al British Museum tramite la collezione Towneley e in un settimo in possesso della Royal Academy (Gasparri 1982, p. 98). Considerando anche il carattere dell’opera in cui è inserita, è evidente, dunque, come questa piccola
Veduta dell’interno del Pantheon sia qualcosa di più e di ben diverso dall’immagine non aggiornata di un monumento antico di Roma, ma una presa di posizione nel dibattito sui lavori in corso: l’architetto-archeologo minimizza intenzionalmente i segni della cristianizzazione del tempio trascurando di raffigurare gli apparati sacri e l’iscrizione voluta da Alessandro VII al di sopra della trabeazione del primo ordine, offrendo una rappresentazione in profondità del Pantheon come era stato rilevato da Andrea Palladio nelle tavole dei
Quattro Libri dell’Architettura del 1570, e dando così un saggio della sua continua, sorprendente ibridazione tra la realtà moderna e quella di un’antichità eternamente presente e attuale.