1769 (Sec. XVIII)
mm 397 x 256; spess. 1,5-1,7
Osservazioni:
Osservazioni: Didascalia su matrice separata
M-1400_909a_bis.
Come dichiarato nella didascalia, il tavolo qui raffigurato, e «alcuni altri ornamenti che sono sparsi in quest'opera, si vedono nell'appartamento di Sua Ecc[ellen]za Monsig[no]r Gio: Batt[ist]a Rezzonico Nipote e Maggiorduomo di N[ostra] S[antità] P[apa] Clemente XIII». Ne risulta quindi esplicitata da Piranesi una precisa intenzione decorativa, legata a un progetto d'arredo in parte effettivamente realizzato negli appartamenti fatti ridecorare, in pieno
style Piranèse, per Monsignor Giovanni Battista Rezzonico – dal 1763 Gran Priore del Sovrano militare ordine di Malta e dedicatario della raccolta delle
Diverse Maniere – il primo al Quirinale, nel 1767, e il secondo nel Palazzo senatorio in Campidoglio quando questi, nel 1769, andò ad abitare col fratello, il Senatore di Roma don Abbondio Rezzonico, dopo la morte del pontefice Clemente XIII, loro zio. Sinora due magnifiche
console sul modello di quella qui raffigurata, in legno di quercia dorato e con ripiani in marmo – ancorché mancanti delle ghirlande, che forse erano applicate in materiali diversi – sono state riconosciute negli anni Sessanta del Novecento come provenienti dal mobilio del cardinal Rezzonico nel palazzo del Quirinale: una conservata oggi al Rijksmusem di Amsterdam (inv. BK-1971-14) e un'altra al Minneapolis Institute of Art (The Ethel Morrison Van Derlip Fund, inv. 64.70). Assieme ad altri mobili conservati oggi al Getty Museum di Los Angeles, al Museo nazionale di Varsavia e alla Galleria di Palazzo Rosso a Genova, questi tavoli da muro formano un piccolo gruppo di oggetti eseguiti sotto la direzione di Piranesi o tratti dai suoi modelli, e declinano un medesimo repertorio formale che coniuga le fonti antiche a un gusto e un'immaginazione ancora apertamente rococò. In particolare, il repertorio di chimere alate che reggono ghirlande allacciate alla bassa cintura del tavolo, decorata da girali e bucrani, trova un parallelo nel tavolo da muro della precedente tavola 60 (cfr. cat. n. 144), dove peraltro le figure di leoni alati sono unite al piede da una crociera, qui assente.
Nel suo complesso, la composizione di questa matrice si caratterizza per un carattere unitario, che “ambienta” in qualche modo gli oggetti in un insieme coerente di elementi d'arredo i quali vengono quasi a comporre, a prescindere dai loro rapporti dimensionali, il verosimile arredo per un
cabinet. Sul tavolo da muro troneggia una imponente pendola da tavolo, con la cassa decorata dal consueto campionario di fantasiose desunzioni dall'antico, come gli ippocampi, le arpie o i leoni alati egizi, mentre intorno al quadrante corrono le rappresentazioni dei simboli dei segni zodiacali. Ai lati del quadrante, da due teste di sileno barbato spiccano dei manici, quasi ad assimilare la forma dell'orologio a quella anforata di un cratere antico, e un piccolo cratere figura in effetti nel suo coronamento. Ai lati della pendola due grandi vasi, decorati l'uno da grifi affrontati e l'altro da serti d'edera, sembrano usciti da un repertorio di Wedgwood, e vien quasi da immaginarne i colori brillanti su cui spiccano i decori bianchi. In alto, come fossero applicati alla parete retrostante, due candelieri da muro presentano diverse soluzioni ornamentali: uno a girali vegetali che scaturiscono da un bucranio e l'altro composto da un rametto di rosa, col fiore al centro e il gambo fermato da un fiocco, per cui esiste uno studio grafico in un disegno della Morgan Library & Museum (inv. 1966.11:106). Sotto la
console, quasi a voler chiudere ogni spazio residuo, l'artista raffigura due urne cinerarie antiche, ornate di festoni e ghirlande.
Dall'esame tecnico della matrice emerge anche in questo caso l'uso di ritocchi a bulino nei punti in cui, intenzionalmente, l'artista è interessato a ottenere ombre più profonde, maggiore plasticità o ad accentuare l'incisività delle forme. A bulino sono così ripassate molte aree della cintura del tavolo, per far risaltare per contrasto la lucentezza degli inserti che imitano il metallo, o il fogliame delle gambe delle arpie e i profili dei vasi. Delle linee parallele a secco, utili probabilmente al trasporto di un disegno preparatorio, si riconoscono al livello del piano della console, come prima preparazione delle forme essenziali del tavolo, mentre nell'area tra un vaso e l'orologio, in corrispondenza della cifra 40 del quadrante, si notano delle bruniture di restauro, per correggere dei graffi sulla lastra.
In alcuni esemplari consultati, come quello presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (R.G. Arte Archeologia, S. 406), la tavola occupa il diciassettesimo posto nella sequenza della serie, e non è ancora numerata. L'esemplare dell'Accademia di San Luca, invece presenta la tavola senza la didascalia, incisa su una piccola lastra separata.