Veduta di altra parte della Camera Sepolcrale di L. Arrunzio
1751-1756 (Sec. XVIII)
mm 403 x 609, spess. 2,1-2,3
Osservazioni:
Osservazioni: Didascalia su matrice separata
M-1400_59b.
Viene qui presentato l'altro vano delle camere sepolcrali degli Arrunzi, ornato di raffinate decorazioni a stucco sull'intonaco della volta, per illustrare le quali Piranesi incaricò Jean Barbault, suo collaboratore all'opera nell'incisione delle tavole con figure (cfr. catt. 91-94); nella stanza furono ritrovati anche avanzi di mosaico pavimentale stimati “di ottimo gusto” a ridosso dei muri sui lati lunghi.
Per questa matrice si conserva un disegno preparatorio al British Museum (inv. 1938-3-12-2; add. 173, Malcom coll., di cui fa menzione Hilton Thomas 1954, pp. 45-46, n. 32).
La lastra fu incisa da Piranesi attorno al 1750 per l'edizione della sua raccolta
Camere Sepolcrali degli antichi Romani (cfr. cat. 87); la stampa fu poi inserita nelle
Antichità Romane.
Si possono osservare le linee di costruzione della composizione che segnano l'articolazione dei volumi interni. Il tracciato della costruzione non viene rimosso dalla superficie del metallo, ma tralasciato con noncuranza, come del resto si è riscontrato nella maggior parte delle matrici dell'opera: in questa tavola è bene evidente anche in stampa, a esempio, una delle linee verticali dell'apertura di passaggio all'altra camera – quella più a sinistra sulla matrice – che sottende il corpo del personaggio chinato sull'ara.
La matrice si pone a confronto diretto con la precedente alla quale si accosta per tematica, dimensioni e scelte tecnico-linguistiche adottate nella resa dell'immagine.
Quest'ultima è ottenuta attraverso morsure multiple a acquaforte che impostano la massima parte dei rapporti chiaroscurali della raffigurazione. I rientri e i ritocchi a bulino rafforzano le ombre e definiscono i particolari. L'ausilio della vernice di riserva, infine, distribuita col pennello su alcune zone della composizione, consente il conseguimento dei toni più luminosi distribuiti sui diversi piani prospettici, nonché la modulazione del chiaroscuro sulle superfici murarie, dove vengono simulate macchie di umidità. Per ottenere un triangolo bianco di luce, sul cornicione che sporge a metà altezza dalla quinta di destra, l'autore fa uso del brunitoio, abbassando i segni scavati dall'acido.
Infine, si registra sulla matrice una particolare lavorazione presente sul muro di fondo a destra, dove il dettaglio delle infiltrazioni degli scoli di acque impure è stato aggiunto in un secondo momento per contrastare maggiormente i chiaroscuri sulla superficie. Una linea di contorno tracciata a secco sulla lastra delimita le infiltrazioni, quasi si trattasse di un'indicazione procedimentale: in quell'area, infatti, l'incisore doveva rientrare col bulino nel tracciato orizzontale dei segni all'acquaforte, per approfondire gli incavi e renderli maggiormente recettivi all'inchiostro. Tra le stampe consultate nelle diverse collezioni, ancora sull'esemplare dell'Accademia di San Luca (ASL, 1691), donato dall'autore nel 1761, tali rientri a bulino non compaiono. Mentre l'intervento si evidenzia per la prima volta sulla tavola inserita nella seconda edizione dell'opera, curata dal figlio Francesco nel 1784 (ASL, 14-D/2).