mm 311 x 230; spess. 1,5-1,7
E . F
Osservazioni:
Osservazioni: Alle due tavole tecniche prima analizzate segue la XVII che presenta un'affascinante veduta della parte superiore della camera grande della cisterna, dove ormai la volta a botte era in prevalenza crollata. Nella figurazione è rappresentata la struttura architettonica con la tipica muratura domizianea con a destra la porta che dà accesso al pozzo.
Nel rappresentare i monumenti antichi l'incisore era solito compiere un'amplificazione degli spazi per accrescere l'effetto di grandiosità delle architetture inserendo a tale scopo anche figure rimpicciolite. Pur tenendo conto dell'artificio, si riscontra anche nelle tavole della serie delle
Antichità d'Albano, in questo caso le persone che si aggirano nell'edificio in rovina rendono bene l'idea delle proporzioni gigantesche dell'architettura in cui esse si muovono.
Il crollo parziale della volta consente alla luce di entrare dall'alto, e con essa entra la natura con i suoi alberi, cespugli e piante rampicanti che invadono l'opera dell'uomo creando quella fusione tra storia e natura che Piranesi sapeva così ben rappresentare nelle sue suggestive vedute preromantiche.
Le persone che si aggirano tra le rovine mostrano vivo il ricordo delle figure tiepolesche. La vegetazione è definita con pochi segni, sintetici ma molto efficaci.
La lastra presenta alcuni avvallamenti dovuti a correzioni effettuate durante l'esecuzione: due di essi sono nella zona centrale, coincidente con la parete di fondo in laterizio sotto l'arco e in basso all'interno della didascalia.
Il verso di questa matrice mostra inciso un ritratto del pontefice Clemente XIII non dissimile da quello derivante da uno studio di Anton Raphael Mengs che fu realizzato da Giovanni Battista Piranesi e Domenico Cunego (
M-1400_286) per il volume
Della Magnificenza ed Architettura dei Romani del 1761 (cfr. Salinitro in Mariani 2017, pp. 166-167, cat. 27). Anche le dimensioni della lastra sono simili: quella in esame ha la stessa altezza e una larghezza minore di cinque centimetri. In questo caso, però, l'esecutore si dimostra poco esperto, debole soprattutto nel disegno dove si individuano notevoli incertezze ed errori prospettici. Anche l'inciso, ad acquaforte e bulino, pare eseguito da persona con dubbie abilità, seppur capace di compiere delle morsure multiple tecnicamente corrette. L'inesperienza dell'ignoto esecutore del ritratto è confermata dalle numerose correzioni rilevabili sulla lastra, eseguite per migliorare la scarsa qualità disegnativa. Confrontata con l'altro ritratto, l'immagine di papa Rezzonico è qui in controparte, con un punto di vista più basso, e la figura appare più allungata rendendo il pontefice più snello di quanto fosse in realtà, in base a quello che si evince dai ritratti ufficiali. L'impianto iconografico è simile ed è aderente alla più diffusa ritrattistica papale che prevede il pontefice seduto in atto di benedire. Le differenze tra le due incisioni sono molte. Nell'opera inserita in
Della Magnificenza Clemente XIII siede su un imponente seggiolone papale riccamente ornato ed è inserito in un ambiente di fantasia di gusto tipicamente piranesiano, nel ritratto qui in esame tutto è molto più sobrio. Il pontefice è seduto su un seggiolone privo dello stemma papale e con poche decorazioni, accanto a una libreria dalle linee semplici; dietro la figura è un tendaggio meno fastoso dal panneggio più essenziale. Presso il margine inferiore della matrice si nota un'estesa abrasione molto probabilmente prodotta dalla cancellazione con raschietto e brunitoio di una scritta che si decise di eliminare.
L'incisione ha l'aspetto di opera incompiuta e sembra precedere nella realizzazione quella sul recto. Lungo il bordo sono presenti, infatti, alcune corrosioni create dall'acido durante la realizzazione dell'incisione che si trova sull'altro lato.
Tale osservazione conferma l'ipotesi avanzata da Salinitro secondo la quale questo ritratto potrebbe risalire a una prima commissione fatta a un ignoto incisore. L'opera, dimostratasi insoddisfacente in fase di lavorazione, sarebbe stata lasciata incompiuta e Piranesi affidò un nuovo incarico al veneto Domenico Cunego da poco giunto a Roma (cfr. Salinitro in Mariani 2017, pp. 166-167, cat. 27).
La serie di incisioni dedicate alla cisterna sotto l'edificio di Propaganda Fide si conclude con la tavola XVIII. Si tratta ancora di una illustrazione tecnica, accompagnata da una didascalia incisa su una matrice separata. Nella parte inferiore è rappresentato un dettaglio della muratura costruita secondo una delle tecniche murarie romane: il paramento esterno con l'
opus reticulatum intervallato con
file di mattoni orizzontali (
opus mixtum) e il riempimento interno con l'
opus caementicium. Sulla muratura sono visibili anche tracce di
opus signinum (cocciopesto misto a malta cementizia)
con cui veniva ottenuta l'impermeabilizzazione della superficie. L'immagine superiore mostra un dettaglio della pavimentazione della cisterna eseguita con elementi poligonali di pietra lavica, i celebri basoli romani impiegati per lastricare le strade consolari, che in questo caso erano stati ricoperti, come le altre superfici, con uno strato di
opus signinum per creare l'impermeabilizzazione.
La matrice è eseguita ad acquaforte con ripetute morsure e a bulino dove si volevano intensificare gli scuri delle parti in ombra. Solchi molto profondi eseguiti con il bulino si individuano soprattutto tra le pietre poligonali nella figurazione che rappresenta il pavimento della cisterna mentre in quella inferiore risultano evidenti le zone risparmiate dalla corrosione dell'acido mediante copertura con le apposite vernici. Nella didascalia incisa in basso si notano alcune correzioni: nella sesta riga la
u di
reticulata e la
p di
emplecton e, in quella successiva, le lettere
tri di
triangolari.