Reliquiae Pontis Milvij...
1762 (Sec. XVIII)
mm 241 x 360; spess. 1,5-1,7
basso: A.
B.
C.
D.
E.
F.
Osservazioni:
Osservazioni: Piranesi dedica queste due tavole al Ponte Molle e al Ponte Milvio; quest'ultimo rappresentava, nella sua teoria sul Campo Marzio, il limite settentrionale dell'area (cfr. catt. 109-112).
La storia assimila i due ponti nelle vicende narrate dalle fonti, fondendoli in un unico monumento, menzionato per la prima volta nell'anno 207 a.C., in relazione alla battaglia del Metauro nel corso della seconda guerra punica. Il ponte doveva essere a quell'epoca ancora in legno. La prima costruzione in muratura si deve al censore Marco Emilio Scauro che lo ricostruì tra il 110 e il 109 a.C.. Secondo Piranesi tuttavia le due emergenze dovevano essere tenute distinte: da un lato il Ponte Molle che doveva risalire a un'epoca medievale, dall'altro l'antico
Pons Milvius i cui ruderi vengono riprodotti nella seconda di queste tavole (cfr. Connors, 2011, p. 130).
In una delle sue
Vedute di Roma realizzata più o meno negli stessi anni (datata 1762 da Hind, 1922, p. 36) l'incisore propone in grande scala la rappresentazione del Ponte Molle con le aggiunte di epoca moderna, mentre nella tavola XXXIX de
Il Campo Marzio il ponte è ancora una spoglia rovina, prima dei restauri di Nicolò V della metà del Quattrocento, sulla quale si arrampicano le figurette dalle mani allungate e dalla possente schiena.
Nella tavola XL il primo piano della composizione è occupato invece dai resti di una struttura in muratura, l'antico Ponte Milvio appunto, privata dei rivestimenti marmorei delle origini; e il susseguirsi delle arcate del ponte Molle viene in questo caso ripreso da lontano, con un probabile riferimento iconografico all'incisione di Giuseppe Vasi
Ponte Milvio, detto Ponte Molle appartenente alla serie
Vedute di Roma sul Tevere, primo libro di incisioni pubblicato dall'autore nel 1743 circa, dove Vasi si poneva però dalla parte opposta del Tevere, essendo la Torre di Belisario sulla sinistra delle arcate. A Giuseppe Vasi sembra ricollegarsi anche la tipologia di cielo di questa seconda tavola, molto mosso e per nulla riconducibile a un esercizio tecnico di bottega con il tiralinee.
La matrice
M-1400_450a è acciaiata (per maggiori informazioni circa l'acciaiatura delle matrici del fondo Piranesi in Calcografia cfr. Ghedin in Mariani, 2010, pp. 19-22). Importanti ritocchi a bulino solcano l'area in basso a destra della matrice, provocando in stampa un'intensa zona d'ombra.
Profondi ritocchi connotano anche il trattamento della matrice
M-1400_450b, in modo particolare sul rudere di muratura al centro. Una piccola porzione di cielo sul margine in alto è caratterizzato da sottili linee orizzontali a bulino che inframezzano il tracciato segnico all'acquaforte, per conseguire in stampa un punto di massimo scuro. In didascalia si notano abrasioni sotto la parola
quo e sotto
pila nunc devastata, et lapidibus spoliata, refercta erat, sulla prima riga.
Sul verso della stessa matrice sono incisi a puntasecca alcuni frammenti lapidei raffigurati tridimensionalmente, che si possono mettere a confronto con quelli nel Tomo I delle
Antichità Romane, relativi alla
Pianta di Roma e alla
Forma Urbis (Scaloni in Mariani, 2014, catt. 3-6). Gli studi, già rilevati da Monferini (1967, p. 266, n. 470), confermano ancora una volta che sui versi di alcune matrici incise per
Il Campo Marzio, tra cui questa, la bottega di Piranesi si esercitava a provare motivi figurativi anche relativi ad altre serie (cfr. cat. 114).