1761 (Sec. XVIII)
mm 487 x 336; spess. 2,2-2,6
.
Sul verso della matrice: prove di bulino.
Osservazioni:
Osservazioni: Il ritratto di papa Clemente XIII, derivato da uno studio di Anton Raphael Mengs (Mengs eseguì due ritratti del pontefice oltre a un disegno ritenuto dalla critica il modello per questa immagine, cfr. Pasquali, 2008, cat. 127, pp. 188-191; Bevilacqua, 2008, p. 278; per un riferimento iconografico al disegno di Mengs, cfr. Rottgen, 2001, n. 87), fu inciso da Domenico Cunego (1727–1803) e Giambattista Piranesi su “invenzione” dello stesso architetto veneto. La matrice fu probabilmente l'ultima a essere realizzata per la
Magnificenza, in quanto il permesso di stampa del libro è datato 1760, ma la pubblicazione effettiva avvenne un anno dopo proprio per il completamento di questa incisione (cfr. Ficacci, 2000, p. 356).
Nelle prime edizioni consultate (Corsini, BAV Cicognara, ASL) la stampa segue i due frontespizi mentre nell'edizione curata da Firmin Didot viene posta tra i due frontespizi.
L'incisione raffigura il pontefice in atto benedicente e seduto su un trono riccamente decorato, all'interno di un ambiente di fantasia arricchito da una sovrabbondanza di ornamentazioni ispirate a modelli antichi, tipica dell'immaginario figurativo piranesiano degli anni Sessanta (vedi a esempio le basi delle colonne sul fondo, tratte da quelle delle colonne del pronao del battistero lateranense, di cui una è pubblicata in dettaglio nella tavola IX, cat. 37). Un ritratto simile si riscontra sul verso della matrice relativa alla tavola XVII della serie
Antichità d'Albano e di Castel Gandolfo del 1764 (
M-1400_473). L'impianto iconografico è molto simile, presentando il papa - sempre in atto benedicente - seduto accanto al suo tavolo di lavoro, dietro cui si scorge una libreria e un tendaggio che copre parzialmente una colonna. Rispetto all'opera in esame il papa appare ripreso da un punto di vista più basso e con il viso, dalla fisionomia più smagrita, rivolto verso lo spettatore. L'ambientazione scenica invece è molto più scarna: la sedia in primo piano presenta un semplice pomello a differenza dei grandi stemmi Rezzonico; il tendaggio, non ricamato, ha un panneggio meno articolato; mentre sullo sfondo, al posto delle sfarzose architetture, campeggia una semplice libreria. Il grado di completezza dell'immagine, eseguita ad acquaforte e bulino, lascia presumere che si tratti di una prima commissione a un incisore ignoto per la tavola che doveva essere inserita nell'opera, ma l'elaborato probabilmente non fu ritenuto rispondente alle aspettative di Piranesi. Questo ripensamento, pertanto, potrebbe spiegare la necessità di affidare il nuovo incarico a Cunego, giunto nel frattempo a Roma il 24 febbraio 1761 al seguito di James Adam, e quindi il conseguente ritardo nella realizzazione della tavola.
Tornando alla nostra matrice, l'osservazione dei tracciati segnici consente di distinguere le due differenti mani che intervennero nell'elaborato: quella di Cunego nell'esecuzione della figura del pontefice, caratterizzata da interventi a bulino delineati secondo canoni classico-accademici; quella di Piranesi per gli ornati e l'apparato decorativo intorno alla figura.
L'analisi diagnostica della lastra, inoltre, ha evidenziato la presenza di ampie aree in sottolivello, in parte riconducibili ad abrasioni da correzione e in parte a un leggero “effetto bassorilievo” in corrispondenza delle zone con segni più profondi e serrati, dovuto al susseguirsi delle operazioni di stampa. In particolare il volto del pontefice risulta interamente rifatto a bulino, così come inciso nuovamente ad acquaforte è il secondo pennacchio della tenda in alto a destra.