Piranesi Giovanni Battista
Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778
Iscrizione incisa ne' Cunei d'uno dei grand'Archi del Ponte Fabricio
Inventario
Numero inventario: M-1400_186
Inventario storico di categoria: 1400/186
Nuovo inventario di categoria: 10665
Stampa corrispondente: S-CL2396_18773IVS2: CL16226
Collocazione: Calcoteca
Autori
Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Soggetto
Titolo proprio: Iscrizione incisa ne' Cunei d'uno dei grand'Archi del Ponte Fabricio
Serie: Le antichità romaneDenominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)Oggetto
Definizione: matrice incisa
Cronologia
Datazione: 1746-1756 (Sec. XVIII)
Dati tecnici
Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 377 x 533, spess. 1,6-1,8
Iscrizioni
Iscrizioni: In alto a sinistra:
Tom. IV. XVII / 186
In basso: A
Iscrizione incisa ne' Cunei d'uno dei grand'Archi del Ponte Fabricio (oggi detto de' Quattro Capi) dalla parte accanto al Teatro di Marcello. B
Iscrizione sopra l'Arco piccolo di mezzo parimente dalla parte del Teatro. / C
Iscrizione nella parte opposta dell'Arco grande detto di sopra, cioè a lato al Ghetto. D
Iscrizione nella parte opposta dell'Arco piccolo di mezzo sudd.to verso il Ghetto. Elleno sono qui fedelm.te riportate. E
Muro di mattoni, / fatto da moderni in mancanza de' Travertini rovinati. F
Cornice antica guasta dal tempo. Qui ov'è questo segno * eranvi degli altri Caratteri, i quali sono stati cancellati collo scarpello gia ne' tempi antichi.
Sotto a sinistra:
Piranesi Archit. dis. ed inc.
Osservazioni:
Osservazioni: Alla precedente veduta di Ponte Fabricio (cat. 215) segue, secondo la consueta prassi illustrativa, una serie di quattro tavole didascaliche che mostrano in dettaglio le iscrizioni e i rilievi architettonici del ponte.
La prima tavola (cat. 216) riproduce da vicino quattro particolari delle arcate che riportano le epigrafi riferite al costruttore Lucio Fabricio e ai due consoli che si occuparono del restauro, Marco Lollio e Quinto Lepido. Il carattere fortemente realistico di questa incisione denota la rigorosa attenzione per la documentazione degli aspetti materici, evidenziando con diversa grafia segnica – secondo le convenzioni di bottega – le scalpellature delle epigrafi, gli elementi lapidei danneggiati e i rivestimenti in mattoni aggiunti nel 1679 sotto Papa Innocenzo XI.
La tavola successiva (cat. 217) riassume in un'unica immagine la pianta, il prospetto e alcuni dettagli architettonici. Come già fatto per il ponte Elio (cfr. cat. 203), la costruzione è qui presentata nelle sue forme originarie esistenti, scevra dalle aggiunte posteriori, mostrando al disotto delle arcate una splendida veduta contemporanea, la cui tecnica esecutiva riflette la lezione dei vedutisti veneti; una veduta, che, per scelta panoramica, pare integrare quanto già mostrato nell'immagine analoga della Pianta del Corso del Tevere (1744).
Si passa quindi alle tavole prettamente geometriche, inerenti gli spaccati del ponte. Frutto evidente della fantasia piranesiana, la tavola XIX (cat. 218) è basata principalmente sulla bizzarra analisi strutturale delle fondamenta, mostrando la sagoma circolare delle arcate (in realtà a sesto ribassato) che si interseca con un complesso sistema sotterraneo di contrafforti. Una ricostruzione visionaria “così mirabile” che, come evidenziato più volte dalla critica, nasce dall'esigenza di difesa dell'originalità dei romani.
L'ultima tavola (cat. 219), infine, mostra le sezioni trasversali del ponte insieme ai suoi argini, indicando le parti riconducibili ai restauri (vedi Indice, nn. 98, 162) e i livelli raggiunti dal Tevere nel corso delle stagioni.
L'insieme dei quattro rami palesa come le scrupolose indagini analitico-descrittive, derivate dalla conoscenza piranesiana dell'ingegneria idraulica, si connettano a quella libertà di invenzione che mira, particolarmente in questo quarto tomo, a enfatizzare il genio costruttivo dei Romani messo in dubbio dalle asserzioni di Caylus (Recueil, 1752), di Laugier (Essai sur l'Architecture, 1753) e di altri autori coevi.
Con le dovute differenze, valgono per questo gruppo di lastre le stesse considerazioni tecniche scaturite dall'esame delle tavole inerenti ai rilievi del complesso monumentale di Castel Sant'Angelo (cfr. cat. 203). Infatti, se si esclude la già citata veduta panoramica di certo autografa, l'esecuzione delle matrici (ampiamente delineate con il tiralinee e incise quasi del tutto ad acquaforte) sembra riconducibile anche in questo caso alla bottega.
Sul primo dei rami (cat. 216) si riscontrano numerose tracce di grossolane bruniture, realizzate forse per eliminare i segni di corrosioni o di bruciature d'acido in corrispondenza delle parti lisce delle arcate. Tali interventi, i cui effetti in stampa compaiono per la prima volta negli esemplari Firmin Didot, sono riconducibili probabilmente ai restauri eseguiti tra l'arrivo di Francesco a Parigi (1799) e l'acquisto dei rami da parte dell'editore francese.Bibliografia
- Petrucci, 1953, n. 186, tav. 17, p. 251
- Focillon, 1967, n. 352, p. 309
- Wilton-Ely, 1994, n. 485, p. 539
- Ficacci, 2000, n. 343, p. 294.
- MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.
Condizione giuridica
Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto
Compilazione
Compilatore: Ciro Salinitro