Pianta del Mausoleo di Cecilia Metella moglie di M. Crasso Triumviro
1750-1756 (Sec. XVIII)
mm 373 x 528, spess. 1,7-2,1
Osservazioni:
Osservazioni: La matrice illustra i rilievi architettonici del Mausoleo di Cecilia Metella, la cui edificazione risale al I secolo a.C. (LTS,
Sepulcrum Cecilii Metelli, pp. 282-298). Sul verso della lastra, inoltre, sono presenti tracce di incisioni riconducibili verosimilmente a esercitazioni di bottega.
Come altri monumenti dell’antica Roma, a partire dal Rinascimento anche l’imponente tomba di questa nobildonna, figlia del console Quinto Metello Cretico e nuora del triumviro Marco Licinio Crasso, fu oggetto sin dal rinascimento dell’interesse di eruditi, antiquari, pittori e incisori (cfr. Rausa 1997, pp. 43-51). Sulla scorta di questa tradizione, Piranesi riprodusse più volte il mausoleo, sia nelle
Antichità – con le sei tavole a esso dedicate (catt. 192-197) - sia nelle precedenti
Antichità romane de’ tempi della Repubblica, 1748 (Mariani 2010, vol. 1, cat. 71), sia nelle
Vedute di Roma, 1778 (
M-1400_797). Ciò probabilmente perché tale soggetto, forse più di altri, interessò l’architetto veneto non solo per l'aspetto vedutistico e archeologico ma anche, come spiega egli stesso nelle tavole successive (catt. 166, 167), per quello tecnico inerente ai sistemi della sua costruzione.
Nella tavola in esame Piranesi mostra una scrupolosa analisi del monumento, da cui elimina le superfetazioni medievali, raggruppando in un'unica composizione il profilo, la pianta, la sezione e tre dettagli della struttura muraria. Tale impianto compositivo, iconograficamente distante dalla precedente produzione di Santi Bartoli (1693, tavv. 35-37, 1349/37-39) sia per impaginazione che per modalità interpretativa del monumento, è realizzato quasi del tutto all’acquaforte, servendosi solo sporadicamente di rientri a bulino nei segni per accentuare i contrasti chiaroscurali ottenuti con la tecnica delle morsure multiple. Ulteriori variazioni tonali sono rese poi con il brunitoio, abbassando leggermente l’inciso in modo da creare in stampa un tenue schiarimento del segno che traduce l’effetto vibrante della semioscurità (vedi la parte bassa dello stipite sinistro della porta).
Di modesta rilevanza sono le incisioni sul verso della lastra, non segnalate nell’elenco dei rovesci redatto da Monferini (Monferini 1967, pp. 265-268): raffigurano tracciati lineari contigui, orientati sia verticalmente che orizzontalmente e realizzati con appositi strumenti meccanici, all’interno dei quali si distinguono vari punti eseguiti a punzone.
Infine, si riscontra sul recto della matrice con la didascalia l’indicazione relativa all’inventariazione dei rami, incisa a bulino a partire dal quinto decennio del XIX secolo. Sul verso, invece, si ravvisano al centro del rame la scritta “tomo 3” e più sotto il numero “49”, entrambi graffiti probabilmente prima dell’incisione sul recto delle indicazioni inventariali.