1746-1756 (Sec. XVIII)
mm 133 x 210, spess. 1,1-1,4
A.
Osservazioni:
Osservazioni: Viene riprodotta in questa tavola la veduta in prospettiva del portico che circondava la cella del tempio dedicato all'imperatore Adriano dal suo successore Antonino Pio, costruito nel 145 d.C. al centro di una piazza anch'essa porticata. All'epoca di Piranesi il tempio era erroneamente identificato come di Antonino Pio, e le undici colonne corinzie superstiti erano “internate nelle moderne pareti della facciata della Dogana di Terra” (
Indice, n. 76). L'edificio infatti ospitava la Dogana di Terra dal XVI secolo. Nel 1879 i resti di quell'edificio furono riutilizzati nella struttura del palazzo della Borsa Valori e della Camera di Commercio, che ancora come tale si affaccia sull'attuale Piazza di Pietra (LTUR,
Hadrianus,
Divus,
templum, III, pp. 7-8 e V, p. 262; cfr. anche Cozza 1982).
Nell'
Indice tipografico della tavola della
Pianta di Roma l'autore fa riferimento al trattato di architettura di Andrea Palladio (
Quattro Libri dell'Architettura, Venezia 1570), in cui il tempio era stato disegnato in pianta e in alzato: un tributo di Piranesi alla prassi del rilievo filologico con esatte misurazioni sui resti di Roma antica, inaugurato dagli architetti del Cinquecento, Palladio tra questi, su monumenti che egli lamenta, a due secoli di distanza, molto deteriorati (cfr. anche cat. 72). Probabilmente in contemporanea Piranesi concepiva la surreale immagine dello stesso tempio inserita nell'opera
Il Campo Marzio (1762,
M-1400_447b), già in cantiere all'epoca della pubblicazione delle
Antichità, una ricostruzione critica del monumento nel suo antico contesto, sempre prospetticamente orientata verso il Pantheon, ma priva degli edifici della Roma moderna a contorno.
Una rappresentazione molto simile dei resti del tempio sarà riproposta nel volume
Les plus beaux monuments de Rome ancienne, curato da Jean Barbault e edito da Bouchard e Gravier nel 1761. L'incisione di Domenico Montagu conserva un'identica angolazione prospettica e distribuzione spaziale degli elementi compositivi, chiaramente debitrice verso l'impostazione iconografica piranesiana (sulla collaborazione di Barbault alle
Antichità e sulla vicinanza tra gli artisti e incisori dell'Accademia di Francia al Corso e Piranesi cfr. Oechslin 1976 e Lui 2006).
Tornando alla matrice, le modulazioni tonali della figurazione sono conseguite con le morsure multiple ad acquaforte e attraverso coperture successive con vernice di riserva, nel cielo e sulle superfici dell'edificio della Dogana investite dalla luce. Evidenti ritocchi a bulino sono concentrati in quella parte della piazza in basso a sinistra, sotto il palazzo sullo sfondo, e sul cornicione in alto a destra, ossia nelle zone dove l'autore desiderava un'ombra più profonda di quanto potesse agevolmente raggiungere con le sole morsure in acido.
Sul verso della matrice numero
41 graffito, indicazione forse funzionale a una sistemazione del rame durante le varie vicissitudini subite da questo fondo.