Pianta delle Stanza contigue alla Camera Sepolcrale de' Liberti, e Servi della Famiglia di Augusto
1750-1756 (Sec. XVIII)
mm 329 x 209, spess. 1,3-1,6
Osservazioni:
Osservazioni: Didascalia su matrice separata
M-1400_150b.
La tavola illustra la pianta delle camere attigue al vano principale del celebre Colombario attribuito ai servi e liberti della moglie di Augusto, Livia Drusilla (catt. 163-168).
Gli scavi di queste aule, scoperte all'incirca un anno dopo le altre camere del colombario, furono completati soltanto nel 1728, sotto la supervisione del cardinale Melchiorre di Polignac. Come il resto del complesso, andarono distrutte pochi anni dopo il ritrovamento, tuttavia sono sufficientemente conosciute grazie alla nota documentazione trasmessaci, già prima di Piranesi, da Pier Leone Ghezzi (
Camere sepolcrali, 1731). Alle immagini dell’artista romano sono ispirate sia la pianta in esame che la successiva veduta interna della camera secondaria (cat. 181).
L’adesione al modello iconografico appare evidente soprattutto in questa tavola, la cui composizione ricalca con qualche variante la precedente pianta di Ghezzi (1731, tav. XXVI, 1426/24). Uniche differenze sono ravvisabili nella scelta di escludere dalla raffigurazione la pianta del vano centrale (di cui è accennata la decorazione pavimentale), nell’indicazione dei sepolcri e nella resa grafica dei tubi d’areazione del forno (di forma quadrata anziché rotonda).
La matrice è incisa quasi del tutto ad acquaforte, servendosi del bulino quasi esclusivamente per correggere problemi tecnici di morsura. Sulla destra del margine superiore del rame, sono presenti residui di ottone relativi alla risarcitura di una frattura, eseguita mediante la colatura del metallo fuso sul verso. Come attesta la continuità dei tracciati che solcano l’inserto metallico, l’intervento è precedente all’incisione del rame, fratturatosi probabilmente durante la sua spianatura. Alla medesima fase operativa è riconducibile, quasi certamente, anche la formazione della cricca visibile sul bordo inferiore, i cui effetti grafici sono evidenti già negli esemplari di prima edizione consultati. L’errata preparazione del supporto fu probabilmente causa nel tempo di ulteriori alterazioni, documentate dagli interventi di ripristino della trama segnica riscontrati nella parte alta della matrice (vedi la cornice e il tracciato meccanico che fa da sfondo). Questo restauro, eseguito mediante l’abrasione delle porzioni di rame degradato e successivi ritocchi a bulino, avvenne probabilmente all’epoca della ristampa ottocentesca, in quanto negli esemplari a stampa se ne riscontrano le tracce solo a partire dai fogli tirati da Firmin Didot.
La complessiva mediocrità della tavola, sia in merito alle caratteristiche tecnico-stilistiche dell’inciso sia ai procedimenti di preparazione del supporto, non lascia praticamente dubbi sulla sua esecuzione da parte della bottega, cui con ogni probabilità erano affidate le opere di mero rilievo architettonico.
Sul verso della didascalia, infine, si segnala la presenza del numero riferito alla tavola corrispondente, la cui incisione a bulino è riconducibile alla sistemazione del rame durante una delle varie vicissitudini subite da questo fondo.