1751-1756 (Sec. XVIII)
mm 355 x 239, spess. 1,0-1,2
Osservazioni:
Osservazioni: La matrice, correlata alla tavola successiva (cat. 118), raffigura pianta, alzato e dettagli architettonici di uno dei due sepolcri ancora esistenti in località Serena, nei pressi di Tivoli; presenta inoltre delle tracce di incisione anche sul verso.
I predetti sepolcri furono riprodotti frequentemente dagli artisti sin dal rinascimento. Grazie a tali immagini sappiamo che in origine ne sorgevano quattro (due di essi sono noti solo tramite i disegni di Pirro Ligorio) e avevano tutti una pianta quadrata. Quello qui rappresentato, riconducibile al tempo di Adriano (II
secolo d. C.), è il più piccolo e meglio conservato dei due pervenutici.
Nella tavola Piranesi scompone il monumento documentandone i particolari costruttivi e decorativi, secondo una prassi comune agli architetti del tempo. L’impianto compositivo, caratterizzato da un piglio prettamente tecnico, risulta privo di riferimenti al contesto ambientale; qualche accenno naturalistico è visibile solo in corrispondenza della sezione, ricordando più le citazioni vegetali presenti nelle immagini di Desgodetz che la natura dirompente di altre tavole piranesiane. Unici elementi vivacizzanti sono l’indicazione dei valori luministici e l’adozione del consueto espediente di infrangere la continuità lineare della cornice, rappresentato in questo caso dal margine inferiore del rilievo planimetrico che deborda sulla didascalia.
La matrice, incisa ad acquaforte con minimi interventi a bulino (finalizzati più che altro a definire alcuni particolari del disegno), presenta una trama segnica poco articolata e in buona parte ottenuta meccanicamente. Tale morfologia grafica unitamente alla sinteticità della composizione farebbero presupporre che la tavola sia stata incisa da uno dei collaboratori di bottega, sotto la supervisione di Piranesi.
Attualmente sono evidenti sul recto della lastra le tracce di danni meccanici pregressi parzialmente bruniti, estesi in particolare accanto ai motivi vegetali incisi alla sinistra dell’ara. La brunitura di questi graffi, ancora assenti nell’esemplare della seconda edizione (ASL 14-D/2), compare documentata già nelle stampe di Firmin Didot, pertanto è plausibile ricondurre l’intervento ai restauri effettuati su buona parte del
corpus di matrici piranesiane in un momento compreso tra l’arrivo delle opere a Parigi (1799) e la tiratura dell’editore francese.
Contestuale all’incisione della lastra risulta invece l’abrasione localizzata in corrispondenza del numero di tomo in alto a destra. L’analisi al microscopio ha permesso di identificare sotto la raschiatura i segni di un’ulteriore stanghetta, da cui si deduce che vi fosse stato inciso il numero “III” anziché “II”; considerato che la stessa correzione si riscontra anche nell’altra matrice dedicata a questo monumento (cat. 118), rimane il dubbio se si tratti di una semplice svista del letterista oppure di una volontà iniziale di inserire queste due tavole nel terzo tomo.
Per quanto riguarda le incisioni sul verso, infine, si rileva la presenza di un doppio tracciato prospettico, parzialmente intervallato da un fitto puntinato, simile a quello riscontrato sul rovescio della matrice
M-1400_85 (cat. 115). Monferini (Monferini 1967, p. 265) ha identificato queste incisioni, eseguite con tiralinee e punzone, come uno studio per dei “monumentali gradini”, mettendole in relazione con la tavola raffigurante i sedili del teatro di Pompeo (cat. 241). Il motivo, tuttavia, appare troppo generico per proporre un’identificazione così puntuale; inoltre, nella tavola indicata dalla studiosa manca del tutto la decorazione a puntinato.