Piranesi Giovanni Battista
Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778
Variae in Architectura graecanica rationes
Inventario
Numero inventario: M-1400_291a
Inventario storico di categoria: 1400/291a
Nuovo inventario di categoria: 10790
Stampa corrispondente: S-CL2399_18888Collocazione: Calcoteca
Autori
Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Soggetto
Titolo proprio: Variae in Architectura graecanica rationes
Serie: Della magnificenza ed architettura de' romaniDenominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)Oggetto
Definizione: matrice incisa
Cronologia
Datazione: 1761 (Sec. XVIII)
Dati tecnici
Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 615 x 405; spess. 2,5-2,6
Osservazioni:
Osservazioni: La matrice, incisa anche sul verso, fu eseguita per documentare le tipologie e i rapporti di proporzione dell'architettura greca. L'immagine mostra vari tipi di colonne e capitelli esistenti a Roma, riprodotti da antichi monumenti già illustrati nelle Antichità Romane, come il Teatro di Marcello (cfr. Garacci e Salinitro in Mariani, 2014, catt. 224-240), il cosiddetto tempio della Fortuna Virile (cfr. Salinitro in Mariani, 2014, catt. 254-257) e il Pantheon (cfr. Garacci in Mariani, 2014, catt. 22-24), oppure da elementi riutilizzati nelle basiliche cristiane e nelle ville patrizie dell'epoca.
Nel testo che accompagna la Magnificenza Piranesi ribalta l'accusa mossa da Le Roy ai Romani di non aver avuto "quell'ingegno creatore, che aveva fatto fare tante scoperte a' Greci", lasciando intendere che questi ultimi si fossero applicati solo "ad inventar cose ed ornamenti poco convenevoli" (p. 20), senza aggiungere nulla a ciò che era già noto. Nelle pagine relative alla tavola in esame, pertanto, l'architetto veneto si prodiga in un'analisi storico-comparativa degli ordini classici (dorico, ionico e corinzio), dilungandosi in una ricostruzione - alquanto partigiana - della loro origine, basata su autorevoli fonti dell'epoca come Bernard Lamy (Ichnographia Vestigium Templi Hierosolymitani, 1720) e Giovanni Battista Villalpando (In Ezechielem explanationes, II, 1604) che avevano illustrato il Tempio di Salomone a Gerusalemme. Ne segue che l'ordine dorico sia un'imitazione della maniera etrusca ed egiziana, mentre il capitello corinzio una variante di quello salomonico, creata mutando "le palme in foglie d'acanto, e la rete Ebrea in un canestro" (p. 20). Quanto all'ordine ionico, pur riconoscendone la paternità ai Greci, l'autore sostiene che l'idea delle volute derivi anch'essa dal tempio di Gerusalemme, in quanto "nei capitelli, o nei fregj (…) le foglie (…) erano un poco incurvate in cima per eleganza" (p. 21). Riferendosi poi alle invenzioni proprie della civiltà ellenica, egli porta l'esempio di varie colonne dalla fattura insolita, definendole "ornamenti (…) per lo più mostruosi, e contrari alla verità" (Indice, p. 37). Qui, tra le altre, sono raffigurate una delle dodici colonne vitinee tortili di San Pietro, prodotte in area microasiatica intorno al II-III secolo d.C. (Fig. V; cfr. Nobiloni, 1997, p. 85, nota 7); una delle sei colonne acantinee del presbiterio di Santa Prassede (Fig. IV; cfr. Nobiloni, 1997, p. 112), datate tra il I-III secolo d.C. (cfr. Emerick, 2000, p. 139) e riscoperte nel 1729 durante i restauri promossi dal Cardinale Ludovico Pico della Mirandola (cfr. Flaminio, 2011, p. 577); e il pilastro a sezione triangolare oggi conservato nel Museo Nazionale Romano (Fig. VI; cfr. Micheli in Giuliano, 1986, p. 118).
Questa rassegna di elementi architettonico-decorativi si chiude con l'alzato e la pianta di uno dei due capitelli corinzi, a base ovale, collocati sulla scalinata d'ingresso della chiesa di Trinità dei Monti (Fig. XII). Il medesimo manufatto era stato già trattato da Le Roy, il quale, riferendosi alla criticata invenzione dello stile composito da parte dei romani, lo aveva messo in relazione con le colonne ovali di Delo. Al fine di dimostrare l'inaffidabilità del rivale, qui accusato di "imperizia", Piranesi riproduce la pianta incisa dall'architetto francese (Fig. XII B) accanto a quella, visibilmente diversa, da lui disegnata "con tutta diligenza" (Fig. XII A); una diligenza attestata peraltro dalle correzioni riscontrate sulla matrice, dove i profili superiore ed inferiore della pianta piranesiana risultano abrasi col raschietto e incisi nuovamente col bulino.
L'esecuzione materiale della lastra, condotta ad acquaforte con localizzati interventi a tecnica diretta, è da riferirsi a collaboratori di bottega che agivano sotto la supervisione dello stesso Piranesi (cfr. Ficacci, 2000, p. 356). Tale considerazione motiva probabilmente le numerose abrasioni presenti sulla superficie metallica del rame, correlate per la maggior parte a ripensamenti in corso d'opera (gli esemplari a stampa, infatti, non evidenziano alcuna variazione rispetto allo stato attuale della lastra). Un intervento da modifica totale della figurazione si registra in corrispondenza del pilastro a sezione mistilinea illustrato in figura X, dove l'analisi ottica dell'area in sottolivello ha rivelato l'esistenza di un precedente tracciato ad acquaforte riferibile al disegno di un altro pilastro o colonna. Parzialmente modificati risultano anche i contorni della già citata figura XII A e la parte superiore della figura I, la cui area della cornice è stata interamente abrasa e reincisa ad acquaforte. Ulteriori abrasioni sono riconducibili invece a operazioni di lisciatura della lastra, eseguite sia per cassare dei tracciati lineari forse connessi alla costruzione preliminare del disegno (vedi sopra e sotto la colonna in figura V e sotto quella in figura IV), sia per eliminare alcuni segni accidentali dovuti a difetti di morsura o altro. Infine si registrano varie correzioni, più o meno rilevanti, anche sulla matrice disgiunta che riporta la didascalia della tavola; in particolare si veda l'abrasione all'inizio del quinto rigo (da in villa fino ad Albani), dove la modifica relativa alla localizzazione geografica del pilastro effigiato in figura X attesta che il soggetto fu cambiato dopo l'incisione della composizione, ma comunque prima della tiratura della lastra.
Il verso della matrice risulta interamente coperto da esercitazioni di bottega eseguite a secco (cfr. Monferini, 1967, p. 267, n. 938). Ai numerosi tracciati segnici di tipo meccanico si affiancano diversi studi per basi di colonne, capitelli e trabeazioni, oltre a un piccolo schizzo di figura reso in maniera approssimativa; si segnalano inoltre alcune prove per l'indicazione di scale metriche, con un abbozzo di segmento graduato e la scritta scala modulatoria ripetuta più volte.Bibliografia
- Petrucci, 1953, n. 291, tav. 6, p. 256
- Focillon, 1967, n. 938, p. 361
- Wilton-Ely, 1994, n. 766, p. 834
- Ficacci, 2000, n. 443, p. 365.
- MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.
Condizione giuridica
Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto
Compilazione
Compilatore: Ciro Salinitro