1767 ante (Sec. XVIII)
mm. 265 x 223
Osservazioni:
Osservazioni: L’opera illustrata dei
Monumenti Antichi Inediti di Winckelmann, edita nel 1767 in due volumi e comprendenti 208 tavole incise e 18 vignette, fu l’unica pubblicazione dello studioso tedesco in lingua italiana. Venne dedicata al Cardinale Albani, mecenate e sostenitore dell’impresa editoriale, che fu omaggiato da Winckelmann attraverso la presentazione nell’opera di molte antichità provenienti dalla sua preziosa collezione, sita nella Villa fuori di Porta Salara. Fu realizzata con lo scopo di “mostrare e interpretare” opere fino a quel momento sconosciute o erroneamente descritte, selezionate in base al valore estetico di bellezza “ideale”. Considerato il valore puramente documentario assegnato da Winckelmann alle incisioni, esse non riportano i nomi degli incisori e disegnatori, tranne che per l’unica eccezione rappresentata dalla matrice in questione, che raffigura il celebre bassorilievo dell’
Antinoo della collezione Albani,
disegnato da Nicolas Mosmann e inciso interamente a bulino da Niccolò Mogalli (1723-1767) e con il quale Winckelmann si fece
ritrarre da Anton von Maron (1731–1808). La peculiarità della presenza della paternità artistica permette dunque di comprendere che lo studioso tedesco riconosceva ad essa un valore artistico. Il disegno, realizzato da Mosmann, valse 6 zecchini, come testimonia una lettera spedita da Winckelmann a H.W. Muzel Stosch in data 7 marzo 1767. L'artista, di cui si conosce poco, si dedicava alla realizzazione di disegni preparatori per l’incisione nel settore della statuaria antica. L’eleganza e l’equilibrio delle proporzioni nella rappresentazione dell’
Antinoo ha permesso agli studiosi di identificarlo quale artista accademico. Particolarmente raffinata è l’abilità esecutiva di Mogalli, il quale utilizza un tratteggio molto sottile e incrociato e, attraverso un uso delicato del chiaroscuro, conferisce un effetto plastico al bassorilievo. Winckelmann fece fare una tiratura maggiore di questa incisione a scopo promozionale, per inviarla come dono o per spedirla ad eventuali compratori dell’opera. Singolare è anche la scelta di una grammatura della carta di maggiore spessore e qualità all’interno dell’opera a stampa. Come testimoniano alcune lettere, essa fu l’ultima incisione pervenuta allo studioso prima della chiusura dell’opera. La descrizione del bassorilievo è inserita nel
secondo volume dell'opera ed è funzionale allo studioso per effettuare un raffronto con la Testa di Antinoo (
M-1339_179) proveniente da Villa Mondragone.
La serie dei
Monumenti Antichi Inediti, dopo la tragica e improvvisa morte di Winckelmann, avvenuta l’8 giugno del 1768, venne lasciata in eredità al Cardinale Albani, che la custodì nella propria biblioteca al Palazzo delle Quattro Fontane. Con l’entrata delle truppe francesi a Roma nel 1798, su ordine del generale Louis-Alexandre Berthier, iniziò il sequestro e la dispersione dei beni della famiglia Albani, che si era opposta al governo rivoluzionario: tra questi beni vi erano anche i rami dell’opera dei
Monumenti Antichi Inediti. Rinvenuti nel 1799 da Domenico Venuti (1742-1817), agente d’arte attivo a Roma al servizio di Ferdinando IV di Borbone per il recupero delle opere d’arte trafugate dai francesi dai Palazzi Reali e per l’acquisizione di nuove opere per arricchire le collezioni borboniche, le matrici furono spedite a Napoli nel 1800.
Tra il 1810 e il 1817, 20 matrici dell’opera furono affidate ad anonimi artisti napoletani, per poter reintegrare le lacune della serie registrate a partire dal 1810, con il fine di realizzare una nuova edizione dei Monumenti Antichi Inediti borbonica edita nel 1820.
Dopo i ricorsi presentati dalla famiglia Albani ai Borbone, grazie alla mediazione del Marchese di Circello, la serie rientrò nelle collezioni d’origine. Gli accordi stabiliti prevedevano che i rami realizzati a Napoli, fossero venduti agli Albani per la somma di “Ducati Ottocento Sessantatre e grana 63”, per favorire la pubblicazione di una nuova edizione dell’opera a Roma.
La notizia più antica rilevata, che attesta la presenza della serie negli inventari della Calcografia Camerale Romana, è relativa al 1869.