1810-1817 ca.
mm. 262 x 215
Osservazioni:
Osservazioni: L’opera illustrata dei
Monumenti Antichi Inediti di Winckelmann, edita nel 1767 in due volumi e comprendenti 208 tavole incise e 18 vignette, fu l’unica pubblicazione dello studioso tedesco in lingua italiana. Venne dedicata al Cardinale Albani, mecenate e sostenitore dell’impresa editoriale, che fu omaggiato da Winckelmann attraverso la presentazione nell’opera di molte antichità provenienti dalla sua preziosa collezione, sita nella Villa fuori di Porta Salara. Fu realizzata con lo scopo di “mostrare e interpretare” opere fino a quel momento sconosciute o erroneamente descritte, selezionate in base al valore estetico di bellezza “ideale”. Considerato il valore puramente documentario assegnato da Winckelmann alle incisioni, esse non riportano i nomi degli incisori e disegnatori, tranne che per l’unica eccezione rappresentata dal raffinato bassorilievo dell’
Antinoo, disegnato da Nicolas Mosmann e inciso interamente a bulino da Niccolò Mogalli (1723-1767) (
M-1339_180) e con il quale Winckelmann si fece
ritrarre da Anton von Maron (1731–1808).
Le matrici, dopo la tragica e improvvisa morte di Winckelmann, avvenuta l’8 giugno del 1768, vennero lasciate in eredità al Cardinale Albani, che le custodì nella propria biblioteca al Palazzo delle Quattro Fontane. Con l’entrata delle truppe francesi a Roma nel 1798, su ordine del generale Louis-Alexandre Berthier, iniziò il sequestro e la dispersione dei beni della famiglia Albani, che si era opposta al governo rivoluzionario: tra questi beni vi erano anche i rami dell’opera dei
Monumenti Antichi Inediti. Rinvenuti nel 1799 da Domenico Venuti (1742-1817), agente d’arte attivo a Roma al servizio di Ferdinando IV di Borbone per il recupero delle opere d’arte trafugate dai francesi dai Palazzi Reali e per l’acquisizione di nuove opere per arricchire le collezioni borboniche, le matrici furono spedite a Napoli nel 1800.
La matrice in questione, insieme ad altre diciotto, fu affidata tra il 1810 e il 1817 ad artisti attivi a Napoli, per poter reintegrare le lacune della serie registrate a partire dal 1810, con il fine di realizzare una nuova edizione dei
Monumenti Antichi Inediti borbonica edita nel 1820.
Dopo i ricorsi presentati dalla famiglia Albani ai Borbone, grazie alla mediazione del Marchese di Circello, la serie rientrò nelle collezioni d’origine. Gli accordi stabiliti prevedevano che i rami realizzati a Napoli, fossero venduti agli Albani per la somma di “Ducati Ottocento Sessantatre e grana 63”, per favorire la pubblicazione di una nuova edizione dell’opera a Roma.
La notizia più antica rilevata, che attesta la presenza della serie negli inventari della Calcografia Camerale Romana, è relativa al 1869.
Nella matrice in analisi è rappresentato un frammento di un bassorilievo, già edito da
Francesco de’ Ficoroni (1664-1747). Viene presentato nuovamente da Winckelmann con l’intenzione di fornire agli studiosi una nuova fonte grafica, a suo avviso più valida della precedente, e da lui tratta da un disegno di
Pier Leone Ghezzi (1674-1755), consultato nella Biblioteca Vaticana. Discostandosi dall’individuazione di un gruppo di filosofi offerta dal Ficoroni, lo studioso tedesco riconosce nella figura centrale la rappresentazione di un “eroe guerriero”, dettata dagli attributi del diadema e dell’armatura. La matrice napoletana, rispetto all’
originale andato perduto, si distingue per la tipologia di tratteggio utilizzato nell’esecuzione delle ombreggiature. L’argomentazione è presentata all’interno del secondo volume dell’opera,
nella parte seconda dedicata al tema della Mitologia Storica.