1762 (Sec. XVIII)
mm 60 x 247; spess. 2,3
Osservazioni:
Osservazioni: Vedi matrice
M-1400_434A.
Su questa tavola sono raffigurati alcuni frammenti della
Forma Urbis attinenti all'area dell'indagine piranesiana. Per la localizzazione della zona occupata dal Teatro di Pompeo cfr. cat. 117.
La tavola si ricollega direttamente ad alcune incisioni già pubblicate dall'autore nelle
Antichità Romane, dove venivano riprodotti i frammenti della
Forma Urbis (si veda in particolare Scaloni in Mariani, 2014, catt. 3-8). Le lapidi incise qui rappresentate erano infatti state collocate in precedenza, tra le altre, attorno alla
Pianta di Roma (
ibidem, cat. 3). A ragione Hyde Minor a proposito di questa tavola evidenzia ancora una volta l'importanza per Piranesi del lavoro che aveva svolto da giovane con Nolli nella sistemazione dei frammenti della grande pianta marmorea di età severiana (Hyde Minor, 2015, pp. 102-109). Un richiamo visivo al cantiere del geometra comasco è qui di fatto rappresentato dal finto cartiglio in alto a destra, una porzione della
Nuova Pianta di Roma (1748), espediente didascalico più volte proposto nelle
Antichità a corredo delle immagini.
Sappiamo del resto, lo scrive Piranesi stesso nell'
Indice delle
Antichità, che mentre lavorava alla più importante impresa archeologica, stava per dare alla luce una grande icnografia di Roma (si deve intendere la grande pianta del Campo Marzio), tanto che in una medaglia raffigurata nella targa della dedica a Robert Adam della grande pianta del campo si legge la data 1757.
La modalità incisoria replica quella messa a punto nella grande opera del 1756: su un fondo di linee parallele orizzontali condotte col tiralinee sono virtualmente adagiati i frammenti il cui illusorio spessore è tecnicamente reso con l'infittimento delle linee a rappresentare l'ombra proiettata, modulando i chiaroscuri di questa con due distinte morsure.
Piranesi identifica erroneamente nel frammento FUR 23, qui rappresentato e didascalizzato al numero VI, i
Saepta Iulia. Il fraintendimento si protrasse fino al 1934, quando l'archeologo Gatti identificò in quel frammento lapideo la pianta della
Porticus Aemilia presso l'attuale via Marmorata, a sud dell'Aventino (cfr. Gatti, 1934 e Garacci in Mariani, 2014, cat. 253). Inoltre, Piranesi collocava gli avanzi dei
Saepta Iulia sotto Santa Maria in Via Lata, e in parte sotto Palazzo Pamphili su via del Corso. Gatti rettificò l'indicazione ubicando i
Saepta a ridosso del Pantheon, nel muro di mattoni a est del tempio (
ibidem, cat. 252).
I pochi interventi a bulino sono concentrati essenzialmente sul cartiglio in alto. Sul ricciolo del cartiglio lo strumento rientra nei segni larghi scavati dall'acido, per approfondirli e definirli al tempo stesso; anche la linea tratteggiata di collegamento tra i punti cardinali indicati dalle lettere
T ed
M è incisa a bulino.
Sul grande frammento dei presunti
Saepta Iulia sono visibili le linee di costruzione tracciate a secco sulla lastra per allineare i pilastri prima di procedere nell'incisione.
Una profonda abrasione è sotto la lettera
T nel cartiglio, dovuta probabilmente alla correzione di un errore di scrittura.
Sul verso della matrice già Monferini (1967, p. 266, n. 447) evidenziava alcuni tracciati meccanici, delineati a puntasecca dopo l'incisione del recto.